La redazione & Minucciu … Giugno 2012
“E fricàmu gatta…..fricà”……mormorava, zia Rosa affacciata alla mezzaporta, in attesa del rientro della figlia mandata “ari Cuozzi”, assieme alla sorella più piccola per fare legna.
Il mormorio, neanche tanto sottovoce ed udibile dall’interessato, era rivolto “àru scumunicàtu”, che zia Rosa aveva notato poco distante, “arripatu” alla cantonata dell’abitazione “do cantinieri”e luogo di passaggio obbligato per le figlie al rientro a casa.
Con Ntoniu, che la donna aveva qualificato “scumunicatu”, non correva buon sangue perché, a parere di zia Rosa, aveva gia compromesso una ragazza che ora era “chiacchiàriata” e destinata probabilmente ad un matrimonio di ripiego. Era quindi uno scomunicato, fuori della grazia di Dio ed un indegno, da seppellire in terra sconsacrata; questo per zia Rosa era la giusta punizione per un comportamento di tale fatta. Non voleva che sua figlia finisse sulla bocca di tutti, perciò non aveva esitato ad affrontare il giovane e gli aveva chiaramente detto di non gradire le sue attenzioni verso Marieddha che pertanto doveva essere lasciata in pace.E’ bene chiarire che nell’epoca in cui questi fatti accadevano, per compromettere una ragazza bastava nulla; uno sguardo di troppo, il lasciarsi volutamente sfiorare durante il ballo “a tiranteddha”, l’innocente scambio di due parole od un incontro fortuito in luogo isolato e senza compagnia. Ho gia avuto modo di spiegare che in San Donato il segreto non esiste, perché tutto viene risaputo. Un niente bastava a scatenare le lingue malevole sempre pronte a tagliare i panni addosso al prossimo e seppellirlo nel fango, dimenticando spesso la quantità di sporcizia che si annidava in casa propria. Continua a leggere










