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Sequestrato depuratore a San Donato, impianto fatiscente e non idoneo
Mercoledì 23 Maggio 2012 17:00 – di RedazioneLetture: 53 –
SAN DONATO DI NINEA – (Comunicato stampa) Il depuratore comunale di San Donato di Ninea è stato posto sotto sequestro dagli uomini del Corpo Forestale dello Stato, Coordinamento Territoriale per l’Ambiente di Rotonda. L’impianto che si trova nella località “Santa Rosalia Lieto” ricadente in zona 2 del Parco del Pollino, dopo indagini e verifiche da parte degli uomini del CFS di S. Sosti e S. Donato, coordinati dal Vice Questore Aggiunto Francesco Alberti, è risultato non idoneo al trattamento delle acque reflue provenienti dalla rete urbana, ed il suo stato attuale, verificato dal personale intervenuto non appare efficiente al punto da garantire all’attuale popolazione residente di avere standard depurativi adeguati alle normative. Tale intervento che ricade nel programma operativo nazionale della Direzione Generale ha portato al deferimento all’Autorità Giudiziaria di sette persone tra amministratori e tecnici della società che gestisce l’impianto e amministratori del comune del Pollino. Un sequestro che ha interessato oltre l’impianto anche i rifiuti speciali -fanghi- stoccati presenti all’interno delle vasche e rinvenuti sparsi sulla superficie su di cui vi è una crescita di vegetazione. Uno stato che conferma come tale rifiuto sia presente da tempo e non smaltito come prevede la normativa. Inoltre le acque reflue urbane provenienti dalla rete fognaria pubblica, nonostante il passaggio nella condotta del depuratore comunale non funzionante e non autorizzato allo scarico dall’Amministrazione Provinciale si riversano inevitabilmente allo stato grezzo negli strati del sottosuolo interessando le acque sotterranee con inquinamento delle falde acquifere. Oltre alla mancanza di energia elettrica gli uomini del CFS hanno potuto accertare che all’interno dell’impianto vi è una mancanza di attrezzature idonee ed i reflui non vengono in alcun modo sottoposti a idonei processi di trattamento previsti per la depurazione.
In onda martedì 22 maggio alle 19:20 su Coming Soon Television (canale 49 del digitale terrestre).L’Asino e la Luna, per la selezione di cortometraggi “Short Stories”!
“A chi lascia per sempre il proprio paese e per le strade del mondo lo va rincorrendo”
— con Short Stories e Giuseppe Carrieri
“L’asino e la luna” è un cortometraggio realizzato interamente a San Donato di Ninea per la regia di Giuseppe Carrieri, la fotografia e il montaggio di Giancarlo Migliore e le musiche originali di Pietro Iannuzzi in collaborazione con Mario Panebianco e l’associazione Amici della Musica. Gli interpreti sono Aurora Artuso, l’asino Napoleone e Saveria Caruso. Le illustrazioni di Paola Luciani e la grafica di Amerigo Moranelli.
L’intero cortometraggio è dedicato “A chi lascia per sempre il proprio paese e per le strade del mondo lo va rincorrendo”
Viene celebrata in devozione della Madonna dell’ Assunta.
La festa ha questo svolgimento: ogni anno, nella prima quindicina di Maggio, si trasporta il quadro della Madonnna dalla sua sede normale, chiesa della Terra , alla chiesa matrice della SS. Trinità. Un apparatore para la chiesa a festa ed il quadro viene esposto, su un ricco trono, all’ adorazione dei fedeli. Il giorno 23, alla vigilia della festa, si forma un corteo che gira per le vie del paese al grido di “viva Maria” e recanti in mano torce accese e lampioncini; quando il corteo giunge al piazzale della Motta si sparano i fuochi artificiali.
Giorno 24, dopo la messa solenne, processione per quasi tutte le vie del paese, preceduta da un suonatore di zampogna e da quello di tamburo. Finita la processione, il quadro della madonna viene riposto nella sua sede normale, ma, prima di entrare in chiesa, viene affacciato dall’ estremità est del piazzale della Motta, perchè possa rivolgere lo sgurdo al sottostante territorio e benedire le messi;
contemporaneamente avviene il caratteristico “Volo del Pallone”.
La chiesa dellla Madonna Assunta
Per quanto riguarda la domanda sui petali di fiori e le coperte al balcone,
il significato è puramente devozionale e cultuale. In tutto il meridione d’Italia e in alcune zone del nord i petali di rose hanno il significato della purezza e del rispetto. Gettare petali di rosa è considerato un gesto di ossequio e riconoscimento della santità della persona. Santa Caterina da siena riceveva questi onori anche in vita. In particolare i petali di rosa, perchè al profumo delle rose è collegata la santità, da cui deriva il modo di di dire “quella persona è in odore di santità”. Questo particolare segno contraddisingue anche la figura di Padre Pio; molte persone dicono di sentire il profumo delle rose quando vanno in pellegrinaggio.
Le coperte dai balconi hanno il significato dell’accoglienza e dell’omaggio. Si omaggia e si accoglie una “persona” importante che viene a farci visita.
Quànnu gànu avùtu l’àttu i richiàmu dè pariènti, ghèradi cchjù nnù quatràru ca nù giuvinièddhu. Tàta ddhavìa dìttu cà avìana jì àra mèrica, ppicchì ntò paìsi nùnn’èra rima e ddhà nfèci campàvanu ppicchì à fatìga c’eradi.
Ghèra nà pìcchi dispiaciùtu ppicchì àru paìsi ghèradi affizziunàtu e prìmu i sìnni jì, avìa bbulùtu girià ppì ssì chjantà ncapu e s’àrricurdà cùmu gheradi.
Dòppu tant’ànni, abbià dà cinquantìna e cchiù, ntò mìsi agùstu ù miricànu s’era ricuotu. A capammàzzu avìadi avùtu ù nnuòdu àra vùcca dò stòmacu; ù paìsi òddhi pariàdi cangiàtu abbòia. Ddhèra piaciùtu cà à via, dò bbìviu aru paìsi, nònn’avìadi cchjù rìna e vrìcciu e ra màchina ò ggavuzàva pùrugula. Ghèra nà pìcchi dispiaciùtu quànnu àru chiànu da Siddhàta ònna truvàtu cchjù i sìlichi.
C’èradi à viviènzia gùnu dè zìj dà ràzza dà màmma e s’èradi firmàtu àra casa sua. Dòpu saluti e rigàli àri parienti, avìadi passàtu nù pàru i juòrni a spruvà cùmu ghèranu passati l’anni e ragiunà dò cùmu e dò quàntu. Pùa ù miricànu s’èra fàttu nà giriàta ppì ntò paìsi. On ci putìa ccrèdi, sìlichi e scalùni on c’èranù cchiù, tùttu mpàru. Aviàdi addummanàtu ù ppicchì e gùnu ddh’àvia dìttu cà ù shjuòddhu dè sìlichi, ghèra stàtu fàttu ppì passà ntò paisi ccà motarèddha, cò ciùcciu s’avìanu cacciatu tutti. Avìa truvàtu abbòja mutamiènti; ppìsempiu, ara Siddhàta, à cantìna i Cantùni, addhùnni quànnu si passàvadi, acchiancùnu ti chiamàvadi sèmpi nù quàrtu ì vinu, ghèra chiusa ppicchì, muòrtu Fiurìnu, nùddhu s’avìa piàta. Sèmpi àra Siddhàta, ntò rivuòtu addhùnni ppà nòtti chiudìanu ù pustàli, mò avìanu grapùtu nù bàrru. Ara chiazzètta, a chièsia dò Càrmini òn c’èra cchiù e pùru à chjànca i Riguàrdu ghèra stata purripàta. Ari càsi, nò bbidìadi i mùri i fràvica cchì grùpura dè nnàiti ad’ùsu ì nà vota; a muratùra ghèradi cùmmigghiàta ccù ntònachi, acchiancùnu pùru culuràtu. Continua a leggere
Valigia mia,tracolma di ogni cosa
assai lunga è la strada ancor non ti
riposi,
tu che vai sempre in cerca di qualcosa,
piena di speranza e orgogliosa, se pur
legata e rotta, sul treno del destino
sei la compagna stretta degli affetti a
me vicino.
Trasmetti a tuo piacere tristezza e
gioia immensa, questo è il mio destino
con te sempre vicina.
Veloce il tuo partire per una nuova meta
insegui il tuo destino con questa vecchia
amica.
Per colpa di pochi purtroppo, grava un brutto destino sulle
spalle di tutti noi Sandonatesi.
“Vox populi”, della cui origine non si seppe mai, fece sapere in paese dell’arrivo di un nuovo prete. In paese di parroci in attività ve ne erano gia due, l’arciprete “Dommiciènzu” originario della marina e “Donfrancìscu”, che era sandonatese ed insegnante elementare. Un terzo sacerdote, per di più “stràinu”, veniva considerato “abbunnanziùsu” tenuto conto del ridotto numero di abitanti del paese; prese quindi corpo l’ipotesi che, se veniva trasferito a San Donato, il nuovo sacerdote, qualcosa, là dove era, doveva per forza averla combinata. Poi di un terzo prete non se ne sentiva così bisogno perché, da anni e annorum, la cura del gregge era affidata un solo parroco, Dommiciènzu l’arciprete; l’altro, “Donfranciscu”, era a mezzo servizio fra scuola e parrocchia di “Maciddhàru” e per il da fare nella cura delle anime sandonatesi, due preti erano considerati più che sufficienti, anzi, anche troppi.
Non era malevolenza verso un estraneo, peraltro ancora da conoscere e valutare; era quel sano spirito laico che induceva il sandonatese doc a non fidarsi dei preti perché “a cammisòla ricògghidi”, con non tanto velata allusione, ai cari affitti dovuti da chi utilizzava i terreni della chiesa ed alle numerose e cospicue proprietà, pervenute al patrimonio della chiesa e ”sottratte”, ai più o meno legittimi eredi, ad opera di preti che promettendo la salvezza eterna, “si lavoravano”, scopo testamento, vecchie beghine e peccatori pentiti. A ciò bisogna sommare quella forma di ironia rivestita di anti clericalismo che faceva definire i preti “cuorivi nivuri”, senza che questo impedisse ai ”mangiapreti” la frequenza della messa solenne, cantata, celebrata alla domenica; oppure di intervenire alle processioni, in onore della Madonna a Maggio e del Patrono ad Agosto o di partecipare ai riti della settimana di passione, specialmente alla processione della “Via Crucis” ed ai relativi canti del Venerdì santo. Diciamo che, da sandonatesi, nel nostro piccolo, si faceva una netta distinzione. Nonostante la nomea di bestemmiatori, il sacro restava tale proprio perché soprannaturale, perfetto e sottratto all’influenza umana; altra faccenda era la “diffusione del Verbo” ad opera della gerarchia ecclesiastica, fatta da uomini, imperfetta e soggetta ad errori. Operavamo una netta separazione fra i due settori, considerati solo in apparenza contigui. Da questa corrente di pensiero erano naturalmente esclusi i baciapile devoti convinti e quelli che, praticando la “vicinanza”, pensavano di trarre dalla frequenza religiosa, vantaggi terreni immediati o quelli promessi nell’aldilà. Continua a leggere
Il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue Napoli il 20 aprile 1890 – in Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante –
Il 1 maggio 1891 induce la Seconda Internazionale a rendere permanente la “festa dei lavoratori di tutti i paesi.
Non è una festa ma una giornata di lotta.
Una giornata che serve ai lavoratori per prendere coscienza della propria forza.
Per ricordare ai datori di lavoro che senza la forza del lavoro non si raggiunge nessun obiettivo economico.
La Festa dei lavoratori, o meglio la Festa del lavoro, è una festività che annualmente viene attuata per ricordare l’impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. La festa del lavoro è riconosciuta in molte nazioni del mondo ma non in tutte.
Più precisamente, intende ricordare le battaglie operaie per la conquista di un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Tale legge fu approvata nel 1866 nell’Illinois, (USA), la Prima Internazionale richiese che legislazioni simili fossero approvate anche in Europa. Continua a leggere
Ricevo e pubblico con molto piacere questo bellissmo racconto sulla nostra piazza sa Siddrata.
Chjanteddha
All’età di circa dodici anni circa ho avuto il consenso alle prime uscite serali, nella sola stagione estiva e con obbligo di rientro massimo alle dieci e trenta della sera. Non che San Donato avesse quartieri a rischio; era l’uso ed i genitori non venivano a compromessi, così usava e così bisognava adeguare i comportamenti.
Era ancora l’età dei giochi, ma vi erano le avvisaglie delle prime simpatie, quasi mai apertamente corrisposte, verso le coetanee e delle prime curiosità verso le situazioni pratiche della vita.
Luogo di ritrovo preferito era naturalmente “a chiazza da siddhata”, ombelico sandonatese ove tutti si ritrovavano, tutto accadeva e di tutto e tutti si sapeva. A siddhata era virtualmente divisa in tre “zone: la prima “l’alboretti o arboretti” che era la parte estrema, davanzale naturale, da quale ammirare i pendii delle Serre e “a costa da terra” in alto, mentre in basso si godeva la vista “ do pantanu” e delle valli circostanti; la parte al centro, lo slargo vero e proprio che, mi risulta, abbia cambiato toponomastica e me ne dispiace, e “u barru i zia Teresa” con i pochi metri adiacenti, destinati ai tavoli all’aperto durante il periodo estivo. Non che il comune avesse posto dei divisori; erano i frequentatori che per consuetudine ne tramandavano modi d’uso e destinazione.
Alboretti o arboretti era il luogo di sosta, scambio delle ultime novità, pettegolezzo compreso, di discussione e di confronto, nonché terminale e ripartenza delle passeggiate che avevano altro capolinea nei pressi “da chjianca Artusu”.
Lo slargo, a siddhata vera e propria, era destinato, a sosta delle rare automobili, tre o quattro; zona di fermo temporaneo per quelli impegnati in discorsi e trattative e per chi guardava gli accadimenti oppure aveva voglia di stare al centro della piazza; il maggior uso lo avevano i ragazzi che potevano liberamente giocare anche in modo chiassoso (libera è presa era il più gettonato). “U barru ì zia Teresa”, noto come “barru i Caconi” era luogo di riunione e passatempo, inaccessibile, come luogo di solo svago, a quelli della mia età ed a quelli d’età inferiore ai sedici anni. Ziu Franciscu di detta regola era il custode, per via di un vecchio verbale dei Carabinieri che gli era costato qualche carta da mille. Continua a leggere
Felice Aragona é un mio carissimo amico nato a Policastrello- San Donato di Ninea, ha sempre avuto delle facilità nel trascrivere su un foglio quello che risentiva nel cuore,per l’arte ,la cultura,e la poesia in generale .Poco tempo fa avevo fatto una raccolta delle sue bellissme poesie pubblicata nel mio sito www.bisignani.com e poi ne avevo fatto una pubblicazione sul giornale interattivo sandonatese www.sandonatodininea-cs.it
Felice é nato a Policastrello ,ha frequentato le scuole a San Donato nel mio stesso periodo ,fin d’allora aveva questo dono di scrivere poesie.In occasione di una manifestazione che si terrà il 27 Aprile 2012 a Taranto (città dove vive il nostro amico e paesano) sarà annunciato l’uscita del suo primo libro con tutte le sue bellissime poesie,libro normalmente programmato per la prima quindicina di maggio.
Un piccolo regalo, in anteprima, la copertina e la prefazione del libro”IL SOGNO”
La scrittura è, in superficie e in profondità, messaggio. La poesia è urgenza di comunicazione, con se stessi e col mondo: è epifania di consapevolezza e metodo di conoscenza nel primo caso e nel secondo equivale al famoso messaggio affidato ai marosi al sicuro dentro una bottiglia. Forse qualcuno leggerà e forse, non necessariamente, scoprendo il cuore, capirà.
Così è anche per Felice Aragona, che nel tempo, con ritrosia, ma ineluttabilmente, si è avvicinato alla poesia come necessità per guardare e comunicare sentimenti e pensieri che solo estrinsecati non diventano peso e dannazione, che solo offerti sono grazia di rapporto con l’altro, senza obblighi e vincoli di sorta.
I grandi poeti hanno scritto, lasciando traccia di sé nel ricordo di molti, ma la poesia è solennemente democratica: accetta nel suo alveo chi voglia comunicare il cuore, perché è anche eminentemente libera. Scrivi, se vuoi, leggi, se vuoi. E, se questo avviene, un legame accade, ma solo se davvero due persone mettono per un attimo in contatto quel fortissimo muscolo che insuffla in noi la vita e che è reputato l’origine del sentimento e, a volte, della coscienza di sé. Continua a leggere
Permalink link a questo articolo: https://www.sandonatodininea-cs.it/2012/04/21/san-donato-di-ninea-terra-di-cultura-ed-artisti%e2%80%a6felice-aragona/
SAN DONATO DI NINEA – (Comunicato stampa) Le elevate precipitazioni e le forti raffiche di vento che, per alcuni giorni, si sono abbattute sul territorio di San Donato di Ninea hanno provocato notevoli danni e pericoli. Da una prima e sommaria valutazione, si parla di danni per quasi un milione di euro. La preoccupazione più seria si è avuta due giorni fa per l’ostruzione del canale di raccolta del vallone Sellaro nel centro abitato del paese, dove i volumi d’acqua sgrondavano su un costone già interessato da una preoccupante frana. Immediato e risolutivo l’intervento di una squadra di operai, diretta dagli assessori Benedetto Vuono e Franco Iannitelli, che ha consentito il ripristino del canale di raccolta del vallone Sellaro. Tra le tante problematicità che si sono registrate nel paese, si deve annotare anche la caduta di un pesante albero in località Giardino che ha provocato seri danni a proprietà private e all’illuminazione pubblica. Un evento che fortunatamente non ha coinvolto nessuna persona. Un altro albero è caduto sul “Centro Visita del Parco Nazionale del Pollino”. Seri danni si sono registrati anche per alcuni fabbricati privati e comunali situati in località Cutura, oltre alla sede Municipale, alla Chiesa dell’Assunta di località Motta e alla Chiesa di San Francesco di Contrada Licastro. Inoltre, le forti piogge hanno interrotto la viabilità regionale di collegamento con l’acquedotto denominato “Abate Marco”, situato in località “Monache”. Questa strada è stata interessata dallo sversamento di torrenti e corsi Continua a leggere
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