La redazione & Minucciu
Direttore egregio.
Ritengo che il tuo articolo per mezzo del quale, sul Giornale interattivo, hai reso preciso e puntuale resoconto sulle condizioni “fisiche” dell’abitato, più che una constatazione amara della dura realtà, sia un “grido di dolore” (perdona il richiamo di savoiarda memoria) che dovrebbe essere raccolto da tutti i nativi sandonatesi.
La tua descrizione delle attuali disastrose condizioni dell’abitato, fa riemergere brutti ricordi, paragonabili agli acidi rutti di un pasto mal digerito, similitudine un po’ dura o fuori luogo, della quale chiedo scusa. Richiama dalla memoria quelle brutte sensazioni che l’emigrato ha provato al rientro in paese, quando ha guardato il luogo natio con gli occhi ormai abituati ad altre visioni e la mente assuefatta ad altri panorami .L’abitato di San Donato nel suo insieme è bello e caratteristico ma mal tenuto, da sempre. Oggi diamo la colpa allo spopolamento ed all’abbandono delle proprietà, se il suo impianto urbano, la sua orografia ed il paesaggio nel suo insieme, col concorso ed a causa di trascuratezza e scelte dissennate, ha subito insulti e guasti ormai irreparabili. Di chi la colpa? Di noi tutti. Dei nativi sandonatesi, siano essi ancora residenti od emigrati. Ciò che è successo è responsabilità collettiva, cioè di tutti, perché di tutti è la cura e la tutela del bene comune, compreso ed inteso, con questo, anche la oculata scelta delle persone alle quali delegare la cura e la custodia del patrimonio pubblico e talvolta anche di quello privato. Nei commenti al tuo articolo ho notato anche argomenti autoassolutori ed accuse neanche tanto velate agli amministratori. Ribadendo il concetto precedente, mi viene da chiedere, chi li ha scelti? Chi li ha votati? Chi ha conferito loro delega e poi di fronte a decisioni non condivise ha mormorato invece di protestare ed inchiodare alle proprie responsabilità quella gente che si è dimostrata inetta od incapace di amministrare? E le dette domande valgono per tutte le passate amministrazioni, da quella di ieri a quella degli anni e dei decenni passati, fino a risalire ai decurionati di borbonica memoria.
Conosco un po’ della storia sandonatese e ciò che hai descritto non mi ha meravigliato, sebbene manchi dal paese da oltre mezzo secolo, salvo rare visite e mai negli ultimi quindi anni. So che per taluni compaesani la prolungata assenza sarebbe un buon motivo per tacere. Chi va via, chi abbandona il paese è assimilato agli esiliati, perde tutti i diritti. E’ lodevole però se mantiene il dovere della rimessa in danaro, circostanza che per tanti anni ha retto l’economia sandonatese e fonte economica dalla quale hanno avuto origine quei tributi che amministratori capaci ed oculati dovevano trasformare in servizi collettivi, in bene comune. Continua a leggere












