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La redazione & Luigi Bisignani ……
San Donato di Ninea (CS)
Piccolo nel formato. Grande nel passato. È San Donato di Ninea. Denominazione aggiunta e necessaria per ricordare la fondazione voluta da Ninevo, capo dei colonizzatori enotri, di cui parla Ecateo di Mileto, nella Descrizione della terra, nel V secolo a.C. L’antico popolo italico conosceva
bene l’istmo tra Jonio e Tirreno, lungo direttive di marcia necessarie a scongiurare il periplo della penisola calabrese. La frequentazione del tratto che va da Sibari a Laos, passando per Esaro, Rosa, Varco e Palombaro, assicurò traffici utili in ogni tempo. Greci, romani, bizantini, normanni, svevi, angioini, aragonesi e perfino austriaci, trovarono nel sottosuolo salgemma, quarzo, mercurio, rame, cinabro, combustibili fossili, oro e argento. Lo sfruttamento dei vari filoni andò avanti per secoli, in quella parte del territorio definita dal Saraceni Conca dei metalli o California d’Italia. Documenti del passato illustrano nei dettagli le leggi da rispettare in materia di scavi. L’immane fatica dei minatori era a vantaggio degli sfruttatori, che pure dovevano versare a chi di dovere tributi e gabelle. Quando la portata delle estrazioni non assicurò adeguati profitti, furono abbandonate sia le miniere sotterranee che quelle a cielo aperto, caratterizzate da gradinate percorribili ancora oggi, in località poco distanti dal paese.
Oggi San Donato punta su risorse naturali e artistiche per farsi largo nel panorama turistico della Regione. Il Parco del Pollino gli appartiene. L’ambiente che ne circonda l’abitato è integro nella sua identità geografica, dovuta alla varietà altimetrica; difatti, passa da 180 a 1987 metri sul livello del mare. Acquaformosa, Lungro, Altomonte, San Sosti, Grisolia e Verbicaro si aprono a ventaglio sulla cornice naturale che comprende le frazioni di Policastrello, Ficara, Vallo Marino e Arcomanno. Pietraie e boschi sono esposti al sole dell’estate e alle intemperie dell’inverno insieme a pascoli e pinnacoli di rocce nude e scoscese. La parete più impervia è sul versante sinistro della Valle dell’Esaro. Ed è lì che si scoprono ripetuti passaggi su speroni verticali di natura calcarea. Pini loricati caratterizzano il Cozzo del Pellegrino, raggiungibile con buone scarpinate. Al Cozzo dell’Orso si arriva lungo il tracciato della vecchia ferrovia. La straordinarietà del panorama in cima si scopre dietro un costone di roccia che si staglia contro il cielo. Ed è subito mare, da Scalea a Palinuro. La Cresta di Vallescura si lascia alle spalle faggi e ontani prima di aprirsi sulla visione magica dello Jonio, a oriente, e del Tirreno, a occidente. Nella Catena della Mula si possono ammirare candide superfici di insospettabili nevai in pieno agosto. Ed ecco la sorpresa di cavalli allo stato brado, lanciati al galoppo. Per i geologi, non hanno segreti i fenomeni carsici dei dintorni. Dentro le grotte, appassionati studiosi aprono le pagine del grande libro della natura, scritto in ere lontane milioni di anni. Qui l’orogenesi è comune alle più ardite e spettacolari montagne del Trentino. Continua a leggere
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La redazione ……
Sarebbe stato un sacrilegio di continuare a scrivere sul nostro giornale interattivo senza fare il minimo per il nostro conosciutissimo Scrittore,Sandonatese “Pasquale Giannino”
,
San donato di Ninea terra di grandissime risorse storiche ,sportive e culturale, Ecco un’altro figlio del nostro territorio che porta in alto il nostro amato paese….
Paquale Giannino-L’Autore
Nato a Cosenza nel 1972, ingegnere, ha lavorato come ricercatore presso aziende di microelettronica e telecomunicazioni. Suoi racconti e articoli sono apparsi su riviste, quotidiani,blog e siti letterari fra cui: Calabria Sconosciuta, Il quotidiano della Calabria, La poesia e lo spirito,Nabanassar. Ha pubblicato un racconto-saggio sulla propria esperienza di clarinettista nelle piccole bande di paese: Banda, che passione! – Milano 2003. Ha fondato l’agenzia di consulenza editoriale New Writing Factory.
“Volevo fare l’ingegnere” di P.Giannino
“Il cielo era terso. L’isola di Dino si stagliava più bella che mai su quel mare azzurro, che pareva immobile nella sua limpidezza.”
Ho ritrovato queste righe su un foglietto ingiallito pieno di numeri, annotazioni e ogni sorta di geroglifici. Il mio banco, in laboratorio, era colmo di sgorbi e appunti di ogni genere. C’era un groviglio di cavi, avevo tre computer connessi al mio apparato: il Principe delle Comunicazioni Wireless. Il colosso multinazionale per cui lavoravo aveva investito una barca di soldi in quel progetto, ne parlavano tutti i giornali. C’era un viavai continuo di gente in quel laboratorio pieno di polvere che bruciava come un forno: manager, progettisti, clienti che giungevano da ogni parte del mondo… tutti ad ammirare quel prodigio dell’innovazione. Un giorno arrivò il primo campanello di allarme: una brutta storia di tangenti coinvolse il top management. Ci furono delle dimissioni, la ditta fu ceduta a una società finlandese: i nuovi padroni transnazionali annunciarono degli esuberi, ci tolsero il progetto, molti di noi fummo trasferiti in un altro centro di ricerca. All’inizio del 2009, ci comunicarono che non eravamo più utili alla ditta e avevamo un anno di tempo per togliere il disturbo. In questo clima di incertezza e di vicende al limite dell’assurdo, si andò corroborando la mia urgenza di scrivere. Volevo raccontare una storia di ieri che fosse anche una storia di oggi. La storia di una sola stagione, in cui dipanare i ricordi, le promesse, le attese… i disincanti di tutta una vita. Buttai
giù lo schema di “ Ritorno al sud” in una mezza giornata, partendo dall’incipit. Poi l’ho lasciato maturare per alcuni anni. Nel frattempo ho scritto decine di racconti brevi, molti dei quali sono apparsi su riviste e blog letterari. Debbo tanto alla rete, grazie al web ho conosciuto scrittori di mestiere. Alcuni di loro mi hanno snobbato, altri hanno letto i miei testi. Da questa militanza ho appreso molte cose. Anzitutto, per essere scrittore non basta avere qualcosa da dire, ma bisogna saperlo dire. Lo scrittore non si trova al centro del mondo: altro è scrivere per se stessi, altro è scrivere per essere letti: non tutti sono disposti a leggerti, non tutti sono obbligati a provare interesse per quello che scrivi. Ho imparato a non sottovalutare l’importanza della riscrittura. Io scrivo di getto, ma passano mesi – talora anni – prima che il testo mi soddisfi pienamente. Tutto questo l’ho messo a frutto nel romanzo che Armando Curcio ha deciso di pubblicare.
Lo scorso anno ho fondato un’agenzia letteraria: la New Writing Factory. Sono in cerca di nuovi talenti, qualcuno l’ho già trovato. C’è una raccomandazione che faccio sempre ai miei autori: State alla larga dagli editori a pagamento. Da anni sto lavorando a un’inchiesta sul mondo dell’editoria e sulle insidie della vanity press. Ho preparato un questionario di dieci domande che ho inviato a decine di autori: in molti hanno risposto. Vorrei trovare il tempo per scrivere un altro paio di romanzi: il primo è una storia sospesa tra realtà e visioni oniriche; l’altro è una storia di oggi ambientata a Ibiza, l’isola della trasgressione e dello sballo… Li ho già impressi nei miei neuroni, devo solo trasferirli su carta. Ora mi sto dedicando anima e corpo ai miei autori. Spero un giorno di trovare il tempo e l’energia per andare avanti. Scrivere costa fatica: il lettore devi rispettarlo, non lo puoi ingannare. Per ora gli offro questo mio lavoro, sperando di non deluderlo. Ritorno al sud è una storia di vita. Leggendola, magari, vi troverà una parte della propria storia. Forse riuscirò a trasmettergli qualche emozione. E allora il mio impegno non sarà stato vano.
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La redazione ……
nabanassar
Spesso rimpiango di non aver vissuto gli anni Settanta. Ero troppo piccolo, mi resta solo qualche frammento, come il giorno in cui rapirono Aldo Moro. Mi pare di vederlo, mio padre, che fra un sorso di whisky e l’altro commentava la notizia con un amico in salotto, e non capivo perché fossero entrambi così preoccupati. Ricordo che scoppiai in lacrime quando dissero che era morto papa Luciani. Non so perché, ma io a quel papa volevo bene. Poi elessero il polacco, ma se devo essere onesto non mi era per niente simpatico. Dopo, crescendo, ho imparato che ha avuto un ruolo cruciale per la storia del mondo, che ha dato al muro la scossa definitiva e
tutto il bla bla bla che hanno imbastito intorno alla sua figura. Ricordo l’elezione di Pertini, e fu anche per lui amore a prima vista: era come se avessero eletto mio nonno… La nostra casetta si affacciava su via XXIV Maggio, una viuzza tutta in salita che cedeva il posto, una ventina di metri più in alto, a una scalinata che era uno schianto. Appena la imboccavi c’era sulla destra il palazzo di don Peppino, un
vecchio medico rimasto nel cuore della gente. Morì proprio in quel periodo, quasi novantenne. Lo ricordo quando usciva per andare a prendere il giornale vestito da gran signore: il bastone sotto il braccio, lo sguardo altero, camminava dritto come un fuso. Qualche tempo fa gli hanno intitolato una piazza, in verità si tratta di un piccolo slargo: quello che separa la via dalla scalinata. Io sono stato sempre molto attento agli aneddoti che ci raccontavano i vecchi del paese, eppure vi confesso che non ho mai capito, da quei racconti, quale fosse il merito di tanta adorazione. Sarà stato un medico dei poveri, uno alla Céline, uno che non chiedeva soldi a chi aveva problemi… Macché, niente di tutto questo: era uno che si pagava profumatamente. Conosco la storia di un contadino che dovette vendere l’asino per pagare una sua prestazione… Davvero, non ho mai compreso il motivo di tanta reverenza. Se qualche volta vi capita di passare da San Donato di Ninea, provate a chiedere chi era don Peppino Lamensa. Sicuramente vi sentirete rispondere che era un santo… A ogni modo, dall’altra parte della scalinata c’era una putiga, un negozietto di generi alimentari e altri prodotti utili al lavoro delle massaie. Ogni quartiere ne aveva una. A quei tempi i centri commerciali non c’erano ancora… Proseguendo per una cinquantina di metri trovavi un’altra piazzetta, in alto campeggiava una scritta del ventennio. Ce ne erano altre sparse per i vicoletti, ma quella era particolare: faceva riferimento alle sanzioni che avevano colpito l’Italia dopo l’impresa coloniale voluta dal duce. Dalla piazzetta potevi accedere al municipio, che era l’ultimo palazzo costeggiato dalla scalinata. Mio padre a quei tempi faceva parte della giunta. Avevano dato vita a una coalizione molto strana: il sindaco era un democristiano incallito; il suo vice era pazzo di Almirante; mio padre era un socialista della corrente di Mancini. Insomma, avevano realizzato in ambito locale un compromesso storico ancora più spinto di quello sperimentato a livello nazionale… Una notte mi svegliai di soprassalto: fuori c’era un trambusto che non avevo mai sentito prima. Urlavano slogan che mi parevano incomprensibili, ma uno lo capii: ce l’avevano col sindaco e con la giunta. L’indomani mattina mio padre mi portò con sé al comune, quando passammo davanti alla scritta commemorativa, notai che era stata sfregiata con uno strano simbolo. “Cos’è quello?” chiesi a mio padre. “Il simbolo dell’anarchia.” “E cos’è l’anarchia?” Non mi rispose.Ecco, questi sono i miei ricordi degli anni che sono stati consegnati alla storia come anni di piombo. Il resto l’ho appreso dai libri e dalla vita che vivo ogni giorno sulla mia pelle. “Bisogna essere competitivi!” ci ripetono fino alla nausea. È questo il “Verbo” del nuovo millennio. Ma nessuno ci avverte che la competizione è per pochi.
Pasquale Giannino, ottobre 2008
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La redazioneé & Diritto di Cronaca ……
Chiesto incontro urgente al commissario Asp su ospedale di Lungro
Martedì 28 Giugno 2011 15:49 – di Emanuele Armentano Letture: 25 –
LUNGRO – Le attenzioni sull’ospedale di Lungro tornano ad essere alte. Sopratutto a seguito dell’incontro che il commissario Asp, Gianfranco Scarpelli, ha avuto con la Commissione Sanità nel consiglio comunale tenutosi a Castrovillari, a cui hanno preso parte anche i sindaci dell’area del Pollino.
Infatti, dopo il summit, i sindaci di Lungro, Acquaformosa, Altomonte, Firmo e San Donato di Ninea hanno chiesto un “incontro istituzionale urgente” a Scarpelli da tenersi presso il Presidio Ospedaliero di Lungro.
«Ciò -scrivono i sindaci- al fine di affrontare le relative problematiche e il futuro del nosocomio lungrese. Alla luce del documento predisposto dalla Commissione Sanità di Castrovillari e dei Sindaci del comprensorio, consegnato allo stesso Commissario durante l’incontro tenutosi a Castrovillari, si fa notare -sottolineano- che tale atto ha provocato molta preoccupazione e allarme tra le popolazioni interessate».
Si riapre, dunque, la querelle sulla struttura sanitaria che, nei mesi scorsi, è stata difesa da cittadini e istituzioni, con esiti che sembravano positivi. Oggi un nuovo grido di allarme arriva dal Pollino, con gli amministratori che lanciano il proprio grido di preoccupazione al commissario
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