Luigi Bisignani
San Donato di Ninea 23-01-2025
Minùcciu bbi cùnta:
Stuòzzi ì storia; i Campolongo, barùni ì sàntudunàtu.
Carissimo “Giornale Interattivo di San Donato”;
…poche righe per dirti che ho mantenuto l’impegno di fare una ricerca sul casato dei baroni di S. Donato, come anticipai otto anni fa circa, al tuo creatore-direttore Gigiotto Bisignani. Ho licenziato il testo da pochi giorni ed il volumetto che ne verrà fuori è nelle mani dell’artigiano che ha preteso ed ottenuto i “tempi suoi” per la stampa. Essendo la famiglia estesa e numerosa, ho dovuto giocoforza occuparmi di tutti i gruppi dai quali isolare gruppi familiari ed antenati per poter estrarre e determinare la genealogia dei Campolongo, baroni di S. Donato.
Gli ultimi feudatari delle terre sandonatesi erano discendenti dai quei militi normanni che invasero la penisola italica nel XII secolo ed i cui gruppi familiari, piuttosto numerosi, troviamo radicati nel nord Italia e nelle terre del regno di Napoli.
Ti invio il frontespizio del volumetto e la dedica, stavolta titolata ai “quatràri” della mia generazione.
Gennaio 2025
Minùcciu
Minùcciu
I Campolongo
(…baroni di San Donato…e non solo…)
Dedica
Dedico questa ricerca a tutti i ragazzi della mia generazione, “i quatràri”, coi quali, fra giochi, piccole avventure e disavventure occorse durante le diuturne “esplorazioni” dell’accidentato territorio sandonatese, ho trascorso infanzia e adolescenza.
Mi riferisco a quei ragazzi che don Franco Campolongo (San Donato di Ninea 17/10/1924, Roma 24/2/1987) ha accolto indirizzandone le energie giovanili verso l’attività sportiva, prevalenti atletica e calcio, “juòchi” che, stante l’orografia delle nostre terre, per generazioni sono stati praticati nelle strette vie e piazzette del paese e, per i più volenterosi, nella “zona sportiva”, intesa ‘i castàgni dò chjànu i sàntunucìtu”, località da raggiungere obbligatoriamente a piedi.
Nello scosceso panorama sandonatese sàntunucìtu era lo spazio libero, praticabile, pianeggiante e disponibile che, assieme all’angusto “chjànu ì sant’Antòniu”, da noi ragazzi era stato eletto ad unica “zona franca” dove ci si rifugiava, per non essere malamente allontanati da vie, slarghi e piazzette del paese.
Giocare fuori od ai margini dell’abitato non creava fastidi, non causava danni ai vicinati e soprattutto non si veniva redarguiti dai passanti, oppure inseguiti (per la mia generazione, prima a zìu Francìscu i Japicu e poi a zìu Binìgnu ì cantùni), guardie municipali, le quali, più che ai ragazzi, miravano a sequestrare il giocattolo (pallone, lippa, fionda).
Rovereto sulla Secchia, a. D. 2025
Minùcciu