Come eravamo :Sàntudunàtu, nà picchi ì stòria.

La Redazione  & Minucciu

Sàntudunàtu, nà picchi ì stòria.

(Ninoe, Ninaia, Nineto, Niceto, Ninea)

Il geografo greco Strabone (Geografia, l’Italia, libri V-VI) scrive- “i Bruzi originariamente erano al servizio dei Lucani come pastori. Un po’ oltre, rispetto ai Lucani, ci sono i Bretti che abitano una penisola in cui è inclusa altra penisola che va da Scillezio al golfo di Ipponio. Il popolo suddetto (i bruzi ndr) ha ricevuto il nome dai Lucani; infatti, questi chiamano Bretti i ribelli, che prima erano dediti alla pastorizia nomade al servizio dei Lucani. Divenuti liberi si ribellarono quando Dione fece guerra a Dionisio e sollevò questi popoli gli uni contro gli altri, attorno al 356 a.C.”.

Ci pare di capire che alcune delle tribù nomadi del popolo dei Lucani (da questi poi nominate dei Bruzi o Bruttii, ossia ribelli) fossero sottomesse, adibite a pastorizia ed allevamento di bestiame ed escluse dal potere decisionale. Approfittando di un periodo di confusione sociale originata da guerre in corso, dette tribù attuarono una secessione affrancandosi dall’egemonia e dalla condizione servile dei confratelli Lucani. Conquistata una certa indipendenza le varie componenti bruzie si dettero un nuovo ordine sociale confederandosi ed acconsentendo alla delega del potere decisionale dalle tribù ad un organismo centrale, con la formula del “consetium” (consenso) da cui il nome di Cosenza, “capitale” della regione bruzia, probabilmente edificata nella località ove i rappresentanti delle tribù tennero la riunione in cui decisero la nascita e l’origine della federazione e l’ascesa a potenza politico-militare dei Bruzi La nuova entità politica aveva inizialmente giurisdizione su quella che sarebbe stata successivamente la Regio III Augustea, estesa sui territori a nord ed a sud del monte Pollino, a cavallo dell’attuale confine fra Calabria e Lucania. La conquista dell’intera Calabria, i Bruzi la attueranno nel tempo.

Le popolazioni italiche (Osci, Enotri, Lucani, Bruzi), che nel nord della Calabria hanno avuto regno e residenza stabile, costituiscono il “ceppo umano” che ci riguarda molto da vicino il tanto da poter essere annoverati fra i nostri diretti antenati. Della comune ed antica lingua osca restano rare tracce idiomatiche nel nostro dialetto, ove alcune parole hanno conservato radice, pronuncia e significato comune ad altri popoli dello stesso ceppo linguistico, questo sebbene nei secoli, il nostro parlato sia stato prima “inquinato” e poi ”soffocato” dai contatti con popoli di lingua greca e dalla successiva dominazione latino-romana.

Dopo periodi di convivenza, connotati anche da qualche episodio conflittuale (gli enotro-bruzi si lasciavano trascinare dal connaturato istinto predatorio ed i greci dall’indole e dall’intraprendenza levantina), presero il sopravvento le mire espansionistiche di entrambe le realtà e ben presto le popolazioni entrarono in rotta di collisione e fu guerra, dura e senza esclusione di colpi, alla fine vinta dai Bruzi che assoggettarono l’intera Calabria e sulla quale dominarono fino alla conquista romana che vide i Bruzi sconfitti e sottomessi. Convivere la “gens brutia” non era facile perché era un popolo di suscettibili, individualisti, molto legati alla famiglia ed al clan di appartenenza. Riconoscevano l’autorità di capo solo a quegli individui che mostravano astuzia, coraggio e d’essere condottieri valenti. Il bruzio era un popolo di allevatori, cacciatori e, se è vera la discendenza dagli Enotri, anche minatori e fonditori nonché guerrieri ed all’occasione predoni rudi e bellicosi, i quali aveva fatto credo della libertà e dell’indipendenza. Da questo modo di porsi ed atteggiarsi, verso chiunque e senza timori, sarebbe scaturita per i Bruzi la rovina avvenuta nei secoli successivi. Scrive in proposito Strabone: “I Lucani i Bretti e gli stessi Sanniti, che furono loro progenitori, sono talmente decaduti che risulta difficile persino distinguere i loro insediamenti. La ragione va ricercata nel fatto che di ciascuno di questi Popoli non esiste più alcuna organizzazione politica comune, sono scomparsi i dialetti, si è perduto l’uso degli abbigliamenti civili e militari e di altre cose del genere. Per altro, i loro insediamenti, considerati uno per uno e nei particolari, sono del tutto insignificanti”. Ciò sarebbe accaduto nell’arco di circa quattro secoli, fra il 357-356 a.C. (anno in cui Dionisio subì l’attacco di Dione) ed il 7-18 d.C. (gli anni in cui Strabone scrisse e revisionò la sua opera vhe titolò “Geografia”).

Si tramanda che, specie con i nemici, veri o ritenuti tali, la “gens enotro-bruzia” (i secondi in particolare), non nutriva nè mostrava sentimenti di pietà. Scrive Pompeo Trogo: “I bretti ci vengono dunque presentati come popolo di stirpe indeuropea, di linguaggio osco, di animo rude e bellicoso (ad iniurias viciniorim prompti) a connotazione nomade, (Platone parla di popoli nomadi e aggressivi presenti in Italia e per i quali usa il termine “peridinoi”). Era un popolo organizzato in clan familiari e che, con unioni, convivenze e compartecipazioni, formava tribù alleate ma indipendenti. I luoghi preferiti e più frequentati erano i boschi, le alture e pur non disdegnando le pianure, li possiamo considerare amanti delle zone montane, ove l’allevamento era facilitato da aree prive di insediamenti agricoli e quindi di ampia libertà. Le selve e le alture erano ambienti duri, luoghi dove greggi ed armenti necessitavano di continua vigilanza, a causa della costante presenza di ladri, (in veste di esseri umani ed in quella di predatori animali, quali lupi, orsi, linci). Essere perennemente sul chi vive non facilita la dolcezza negli atteggiamenti, nei pensieri e nel comportamento. Non sono accettare attività puramente speculative, ogni azione è mirata alla produttività, alla resa economica, specie se tutto ciò che possiedi devi conquistarlo, strapparlo alla natura e faticare per conservarlo e mantenerne il possesso.

Maggio 2013

Minucciu

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