STUÒZZI Ì STÒRIA. (parte settima):A Mmàculàta e Perciavùtti-

Luigi Bisignani

STUÒZZI Ì STÒRIA. (parte settima)

Minùcciu bbì cùnta cà, i fèsti sù còs’àntìchj….

 -A Mmàculàta e Perciavùtti-

Questa ricorrenza è doppia in quanto, nella stessa giornata dell’8 dicembre, sovrappone la festa religiosa ad una cerimonia, le cui origini sono antiche e squisitamente pagane.

A Mmàculàta– (Immacolata Concezione). Il dogma della Concezione Immacolata della Vergine Maria, fu proclamato da Pio IX nel 1854, ma le radici della festa dell’8 dicembre sono molto più antiche e pagane. L’Immacolata Concezione è un dogma cattolico e la Chiesa, prima di istituirne la festa l’8 dicembre, ha sempre mantenuto un atteggiamento prudente

Un primo passo concreto fu fatto solo nel XV secolo quando Papa Sisto IV introdusse la festa liturgica dell’Immacolata, pur non pronunciandosi sul piano dogmatico. Nel 1661, Papa Alessandro VII emanò la bolla chiamata “Sollicitudo”, dove si esprime a favore dell’istituzione della festa all’Immacolata. Nel 1708 fu Clemente XI che rese universale la festa dell’Immacolata, mentre per la scelta della data dell’8 dicembre dobbiamo attendere il 1854, quando Papa Pio IX proclamò la Concezione Immacolata con una bolla chiamata “Ineffabilis Deus”. Il dogma fu promulgato nella Cappella Sistina da Pio IX, per mantenere il voto, pronunciato in una cappella dedicata all’Immacolata, durante il suo esilio in Gaeta (1849-1851 in seguito alla rivoluzione mazziniana, del 1848-1849), nel quale prometteva che, qualora avesse ricevuto la grazia del ritorno a Roma ed il ripristino dell’ordine cristiano, avrebbe impegnato se stesso per proclamare il dogma mariano

Tale documento sancisce in modo inequivocabile come la Beata Vergine Maria sia stata resa immune dal peccato originale.

L’8 dicembre 1857, Pio IX inaugurò e benedisse in piazza di Spagna a Roma (in realtà piazza Mignanelli), il monumento all’Immacolata (interamente finanziato dal re di Napoli Ferdinando II). Tale consuetudine è continuata anche con i papi successivi, i quali hanno mantenuto i riti della preghiera, della presentazione dei fiori, della lettura di un brano delle sacre scritture, litanie e canti mariani.

Nel nostro paese, la processione dell’Immacolata, si teneva nel primo periodo invernale e talvolta è stata ostacolata dal maltempo che costringeva statua, parroco e fedeli ad un breve giro nella piazza della chiesa, tanto bastava per la devozione.

Coincideva con una festa “pagana”, pèrciavùtti ed a memoria d’uomo, questa coincidenza mai ha disturbato la funzione, pur essendo i sandonatesi assidui àri schìcculi ì pèrciavùtti: Sugli effetti della pìrùcca, nel compaesano ha quasi sempre prevalso lo spirito di devozione, il timore ed il rispetto per il sacro (ciò contraddice à fràma ì jstìmatùri del sandonatese). Il paura di azioni irriguardose è sempre stato solo argomento preferito nei discorsi delle bbìzzòche sandonatesi, nelle quali ù gìrià dè pìruccàti suscitava timori ed apprensioni.

-Perciavutti- La ricorrenza è legata ad un antico rito della tradizione contadina di montagna ed è riferita alla circostanza che l’assaggio del vino nuovo, nelle zone alte avviene agli inizi di dicembre e secondo tradizione, nel giorno dell’Immacolata.

È una memoria antica, che nei piccoli paesi, dove le tradizioni si perpetuano, ancora resiste, quasi a voler creare una diga, una barriera culturale che contrasti l’omogeneizzazione dei prodotti, dei profumi, dei sapori e la soppressione dei riti antichi, imposte da consumismo e globalizzazione imposte dai mercati.

La giornata era accompagnata da celebrazioni religiose (ed in tempi più antichi da manifestazioni del folklore locale), nel corso delle quali l’uomo santificava la festa, ma aspettava anche con impazienza il tardo pomeriggio quando, insieme agli amici, si recava nelle cantine sotto casa (scavate nel granito sandonatese), per accertare se il vino aveva completato la fermentazione (àvìa lèstu ì vùddhj) e procedere alla chiusura delle botti.

Il cerimoniale proseguiva con l’apposizione del tappo per sigillare la botte, dopo di che veniva praticato ù pìrtùsu e si verificava limpidezza (ù trùvulu) e qualità del vino.

Accertatane la bontà, si proseguiva con la festa che prevedeva numerosi assaggi (schìcculi)

Viene spontaneo chiedersi come mai la spillatura delle botti si tiene l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata? Sulla circostanza ha influito la vendemmia tardiva nei centri alto-collinari e/o montani ma non è estraneo il valore simbolico che il sandonatese riconosce alle sue consuetudini

La civiltà agreste ha forti connotazioni arcaiche ed i suoi riti, simboli, tradizioni, hanno ancora un forte significato nella vita delle famiglie, tanto che sovente la religione si sposa agli alimenti e gli alimenti diventano il mezzo di comunione con la religione.

Il rapporto che le persone instaurano con il cibo è legato a diversi fattori e resta senza dubbio è un fatto culturale, in taluni casi anche influenzato dalla religione. In tutte le credenze, infatti, il cibo non serve solo come nutrimento, ma è considerato un dono divino e l’atto di alimentarsi diventa un atto sacro e di ringraziamento al Dio che ce l’ha donato.

Rileggendo il passo evangelico delle nozze di Cana apprendiamo che ispiratrice e fautrice del miracolo dell’acqua che diventa vino, fu Maria madre di Gesù, mediatrice di tutte le grazie e divenuta simbolo immacolato festeggiato l’8 dicembre.

Nell’immaginario popolare, l’Immacolata Concezione prende forma come la madonna del vino e per questo è commemorata l’8 dicembre, giorno in cui si ricorda e commemora il miracolo della tramutazione dell’acqua in vino, spillando le botti come a configurare un racconto del vangelo dove Maria è presente assieme a Gesù ad un pranzo di nozze a Cana in Galilea.

Durante il banchetto venne a mancare il vino e Maria si rivolse a Gesù. Il Cristo tramuto l’acqua di alcune giare in dell’ottimo vino e la festa così proseguì.

Gesù ha dato inizio ai miracoli in Cana di Galilea e Maria acquista il ruolo di tramite tra gli uomini e il Cristo, attraverso lo spirito e il vino. E gli uomini spillano le botti l’8 dicembre auspicando il miracolo del vino divenuto limpido. Nella maggior parte dei casi, il miracolo non avviene. Il vino è ancora torbido e si deve attendere ancora bevendo frattanto quello vecchio, se ne è rimasto.

Anche se oramai il vino pisàtu cchì pièdi non si faceva più (il processo di vinificazione si era affinato), il rito restava e l’8 dicembre diventava sempre di più una festa del vino e dei prodotti tipici. Si aprivano le cantine agli amici, si beveva e si gustavano furisièddhj, cìpuddhjni, àvulìvi, nùci, cancarieddhj, scàpìci, prisùttu e vùccùlàru viscuòtti e rì prìmi crispèddhi, tutti prodotti da consumare rigorosamente in cantina tra una spillatura di nuovo e un bicchiere di vino vecchio.

La Madonna guardava quel che succedeva e forse il miracolo lo concedeva lo stesso, accomunando, nel rito del bicchiere di vino, amìci e nimìci, ù stuòrtu e rù gàlantòmu ed anche gli imbroglioni che servono al principio vino buono e quando il cliente o l’ospite ghè à pirùcca ‘ncignàta, dànu quìru chì buònu ònn’è.

Raramente il giorno i perciavùtti e dà Mmàculàta accadevano liti. Era sentire comune che la Madonna inducesse l’uomo alla bontà spingendolo a perdonare manchevolezze e offese.

I non credenti si affratellavano tutti nel nome di Bacco, con ciò donando gioia allo “spirito”, elemento che troviamo sia nella fede che nel vino.

E si, la ricorrenza dell’8 dicembre non aveva solo connotazioni cristiane ma anche solide radici nella tradizione pagana più antica. Ad esempio, tra le feste celebrate in onore di Dioniso, vi erano le antesterie, solennità che avevano a che fare col piacere del vino e con il fiorire della primavera. L’anesteria durava tre giorni ed iniziava l’undicesimo giorno dell’ottavo mese del calendario attico, corrispondente ai mesi di febbraio-marzo. Per l’occasione si assaggiava il vino nuovo, spillato solo durante dette ricorrenze, quando era previsto anche un sacrificio di questo vino da far “assaggiare” alla divinità.

Agli inizi del 400 il vino nuovo veniva gustato per la prima volta l’11 Novembre, giorno in cui si festeggia San Martino, una delle feste più importanti, una sorta di capodanno contadino, nel corso del quale si mangiava e beveva in abbondanza.

E’ da notare che anticamente, il periodo di penitenza e digiuno che precede il Natale, cominciava il 12 novembre e prendeva il nome di quaresima di San Martino. Ad incoraggiare il momento di baldoria era anche la conclusione delle attività agricole legate all’inizio dell’autunno, nonché il clima più mite, che solitamente caratterizza queste giornate.

In questo periodo inoltre occorreva finire il vino vecchio per pulire le botti e lasciarle pronte per la nuova annata, e al contempo si iniziava a bere il vino novello (i sandonatesi antichi sostenevano che à sàntumartìnu, ogni mùstu ghè àddivintàtu vìnu)

Ovviamente non ci si limitava à pruvà ù vìnu in una sola cantina ma era tradizione gìrià e visitare le cantine di amici nonché quelle di persone note in paese per disponibilità e generosità, à ggènti c’àccugghjàdi.

Minucciu

 

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