STUÒZZI Ì STÒRIA. (parte sesta)Madònna ì mènzagùstu-Ognissànti-I muòrti

Luigi Bisignani

STUÒZZI Ì STÒRIA. (parte sesta)

Minùcciu bbì cùnta cà, i fèsti sù còs’àntìchj….

-Madònna ì mènzagùstu- (Maria Assunta in Cielo) – L’antica festa cattolica del 15 agosto, celebrava la verginità di Maria. L’assunzione di Maria in cielo, è una festa voluta da Pio XII, istituita nel 1950 e sovrapposta a quella che già celebrava la verginità. Fu lo stesso Pio XII a proclamare dogma di fede l’Assunzione di Maria, ricorrendo lo stesso giorno la festa della Dormizione della Vergine, celebrata dalle chiese ortodosse.Ottaviano imperatore, nel 18 a.C. fece del mese di agosto un periodo festivo tutto dedicato alle “feriae augusti”, celebrazioni solenni, la più importante delle quali cadeva nel giorno 13 ed era dedicata a Diana, patrona del legno, delle fasi lunari e della maternità. Le feriae si aggiungevano alle preesistenti e antichissime festività cadenti nello stesso mese, quali i Vinalia rustica od i Consualia, che celebravano i raccolti e la fine dei principali lavori agricoli. L’antico Ferragosto, oltre ad evidenti scopi di auto-promozione politica, aveva lo scopo di collegare le principali festività agostane e fornire un adeguato periodo di riposo (gli augustali), dopo le fatiche del precedente periodo lavorativo.

Oltre che Diana, le feriae celebravano altre divinità, quali; Vertumno, dio delle stagioni e della maturazione dei raccolti; il giorno 12 era dedicato ad Ercole invitto; il 17 celebrava Portumnus; al 21 agosto Conso, dio dei campi; il 23 era la festa dedicata a Vulcano, dio del fuoco; Opi, dea della fertilità, la cui festa cadeva il 25 agosto; il 27 si tenevano i volturnalia, in onore della divinità fluviale Volturnus.

Le feriae erano anche celebrazione della fertilità e della maternità che avevano le radici in riti dell’oriente, in particolare quelle in onore di Atagartis, dea madre, patrona della fertilità e del lavoro nei campi.

Non è da escludere che, con l’affermarsi del cristianesimo, il sentimento popolare abbia trasferito le peculiarità della dea orientale alla vergine Maria, la cui solennità affiancò e poi sostituì quella dedicata a Diana.

Per i canoni cristiani, l’Assunzione in cielo avvenne perché Maria era stata madre di Gesù, il cui padre, Dio l’aveva preservato dal peccato e destinata alla resurrezione ed alla vita eterna, avvenimenti che, per gli altri esseri umani, avverranno dopo il Giudizio finale.

Il primo documento che narra dell’Assunzione è firmato da San Gregorio di Tours, vescovo (538-594), storico ed agiografo, il quale scrive: “Infine, quando la beata Vergine, avendo completato il corso della sua esistenza terrena, stava per essere chiamata da questo mondo, tutti gli apostoli, provenienti dalle loro differenti regioni, si riunirono nella sua casa. Quando sentirono che essa stava per lasciare il mondo, vegliarono insieme con lei. Ma ecco che il Signore Gesù venne con i suoi angeli e, presa la sua anima, la consegnò all’arcangelo Michele e si allontanò. All’alba gli apostoli sollevarono il suo corpo su un giaciglio, lo deposero su un sepolcro e lo custodirono, in attesa della venuta del Signore. Ed ecco che per la seconda volta il Signore si presentò a loro, ordinò che il sacro corpo fosse preso e portato in Paradiso”.

La festa dell’Assunzione, per me bambino, era di recente istituzione e quindi una “festività minore”, anche perché cadeva la settimana successiva alla festa del patrono. Col tempo, la mancata partecipazione dei sandonatesi, complici le ferie ed i bagni di mare sempre più diffusi, fece si che la processione avesse meno concorso di popolo e la festività fosse considerata appannaggio dei soli iscritti all’azione cattolica, presenti e numerosi alla processione.

La mancata adesione non sminuiva l’impegno per onorare la santa per la quale venivano predisposti addobbi e decori floreali di consistenza e dignità e pari alle altre due “sentite ricorrenze”, il Corpus Domini e San Donato.

Settembre ed Ottobre non avevano ricorrenze particolari per concorso di popolo e le più vicine e sentite ricorrevano nei primi giorni di novembre

Prima di affrontare l’argomento della festa di Ognissanti, ritengo necessario un breve excursus per sviscerarne storia e tradizione.

Il cristianesimo primigenio, non aveva devozione per statue ed immagini e seguiva dettami antichi, per i quali l’uomo veniva maledetto se solo avesse raffigurato (statue, disegni) le sembianze della divinità. Il concetto è aderente ed affine alle prescrizioni di Bibbia e Corano, la dove si vieta l’immagine, perché istigatrice dell’idolatria e fuorviante dal vero significato della fede, perché allontana il credente dal significato della parola e lo indirizza verso l’idolatria (venerazione dell’immagine).

Abbiamo visto che, nel tempo, la fede in Cristo giunse nelle terre pagane, le cui popolazioni adoravano più di una divinità, in contrasto con la nuova religione monoteista.

Nella chiesa dei primi secoli, scopo prevalente era l’evangelizzazione e quindi la conversione dei popoli pagani, il che significava anche espansione ed inclusione di nuove genti da convertire alla propria religione

Si fece di necessità virtù ed ufficiosamente venne ammesso il “culto della raffigurazione”, sebbene fosse molto evidente la distanza fra uomo e divinità (nonostante il biblico dettato della creazione ad immagine e somiglianza). Questo divario, da parte cristiana si pensò bene di colmarlo col mito dei santi e dei martiri, figure che andarono a surrogare quelle che erano le antiche divinità, Numi tutelari compresi.

Santo, era il fedele che aveva dato la vita, per difendere ed affermare il proprio credo, divenuto per questo, figura devozionale da adorare. Venerare i santi martiri era venerare una figura vicina a Dio e praticandolo i cristiani divennero politeisti, specie quando ad ogni santo venne riconosciuta la potestà a proteggere persone, cose, luoghi ed eventi, proprio come accadeva con le divinità pagane.

Così come si stavano mettendole cose, fu facile che templi a dei e dee pagane furono rinominati e dedicati a santi, specie se, negli appellativi di martiri ed antiche divinità coesistevano omonimie o similitudini.

-Ognissànti– Il primo giorno di novembre è festività cristiana (Sollemnitas omnium sanctorum, a gloria ed onore di tutti i santi, canonizzati e non) e festa di precetto che, prima delle riforme adottate da Pio XII nel 1955, aveva anche una vigilia ed un’ottava.

La commemorazione dei martiri iniziata nel IV secolo, probabilmente in Antiochia, era legata alla domenica successiva la Pentecoste. Altri riferimenti si hanno in citazioni di Giovanni Crisostomo (407) e di Efrem (373), che collocano la ricorrenza al 13 maggio.

La commemorazione dei santi potrebbe anche avere radici nella Dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres, festa che celebrava l’anniversario della trasformazione del Pantheon in chiesa dedicata alla Vergine ed a tutti i martiri, voluta da Papa Bonifacio IV e fissata al 13 maggio del 609/610.

Papa Gregorio II (731-741) invece scelse il 1º novembre (già festa di precetto istituita la re Luigi il pio nell’835, consenzienti tutti i vescovi) per far coincidere la festività con l’antica festa celtica del nuovo anno, il Samhain.

Ma la festa potrebbe avere radici più antiche e risalire alla cultura celtica che divideva l’anno solare in due periodi; l’uno, che aveva inizio al risveglio di primavera ed in cui la natura si manifestava rigogliosa (festeggiato in un giorno nel mese di maggio), l’altro, in cui la natura entrava in quiete (festeggiato in una giornata di metà autunno).

Questi due giorni erano chiamati rispettivamente Beltane e Samhain.

Nel medesimo periodo i romani festeggiavano una ricorrenza, simile, per significato, al Samhain, ossia la festa in onore della dea Pomona, ciò a chiusura del periodo agricolo produttivo, con la quale si ringraziava anche la terra per i doni ricevuti. Conquistato il territorio della Gallia, le due feste pagane (celtica e romana) si completarono e furono celebrate, secondo le zone, in un periodo che cadeva la fine ottobre e i primi di novembre.

Solo in tempi successivi i festeggiamenti furono concentrati in un solo girono, precisamente tra la notte del 31 ottobre e il primo novembre, ricorrenza che venne chiamata. Nos Galan-Gaeaf (notte delle calende d’inverno), periodo in cui si verificava il maggior contatto fra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Il cristianesimo, a questa festa con caratteristiche agricole e pagane, ne accavallò una dal carattere nettamente religioso, con la quale commemorare il mondo dell’aldilà, collegandosi così col significato che aveva il Samhain dei Celti.

Nel VII secolo, con Papa Bonifacio IV si tentò di mutare detta festa pagana in festa cristiana e conferirgli un significato soltanto religioso. Per rimuovere i residui del paganesimo, l’idea iniziale era quella di abolire la festa pagana, decisione che però avrebbe scatenato collere popolari per via dell’attaccamento alle antiche tradizioni. Si decise per una compensazione ed il giorno di festa religioso venne dedicato a tutti i santi e fissato al 13 maggio.

Due secoli più tardi, precisamente nell’835, Papa Gregorio IV, fece coincidere la data della festa cristiana di tutti i Santi, con la preesistente pagana, ciò per sminuire il peso del culto precristiano. Il giorno della festa di Tutti i Santi cadeva il 1° novembre di ogni anno, giorno coincidente con quello successivo alle calende d’inverno. Ma questo non bastò a sradicare il culto pagano e così la chiesa, nel X secolo introdusse una nuova festa dedicata ai morti, fissandola al 2 novembre.

Durante i festeggiamenti, i parenti dei defunti, per ricordarne le anime, si mascheravano da angeli e diavoli e seguendo la tradizione celtica, accendevano grandi fuochi. Sisto IV, nel 1475 rese la festività di Ognissanti obbligatoria in tutta la Chiesa, ma il culto pagano-celtico, è sopravvissuto nella cultura dei popoli nord europei fino ai tempi nostri.

La notte di Nos Galan-Gaeaf, tipica della cultura celtica antica, viene ancora rievocata nella notte di Halloween, specie nei paesi di tradizione anglosassone. L’inglese all hallows eve è traduzione letterale di vigilia di Ognissanti (all hallows-tutti i santi; eve-vigilia), importata ed adottata nel mondo latino per scopi meramente commerciali.

La ricorrenza del 1° novembre, festa di ognissanti, è diffusa, nell’Europa latina, sin dal secolo VIII ed in Roma, dal secolo IX

In tempi più vicini a noi, il 1° giugno 1949, l’Italia ed altri paesi europei (Austria, Belgio, Spagna, Francia e Grecia) inserirono la festa di ognissanti tra i giorni “festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici“.

È l’ultimo atto di una storia travagliata, riguardante riti antichi e radicati nella cultura pagana, assimilati, incorporati e cristianizzati dalla chiesa di Roma.

Nel nostro paese la ricorrenza di ognissanti non aveva tradizioni od usi particolari, salvo la preparazione dei dolci e dei salati da consumare il giorno successivo (tòrtani, pàni e dùrci ppì muòrti). Ci si asteneva dal lavoro e si frequentavano le funzioni religiose. Alcune famiglie anticipavano la visita al cimitero per evitare la calca del giorno dedicato alla commemorazione dei defunti.

I muòrti– La chiesa latina commemora i fedeli defunti il 2 novembre di ogni anno e pur essendo una solennità, non è comunque annoverata fra le feste di precetto, né istituita come festività civile.

La ricorrenza, un tempo, era preceduta da un periodo di preparazione e preghiera in suffragio dei defunti, della durata di nove giorni, la cosiddetta novena dei morti, che iniziava il giorno 24 ottobre. Credenze popolari di origine pagana persistono ancora; ad esempio, nel mondo contadino, perdura ancora la tradizione secondo la quale, nella notte del 2 novembre, i morti tornano nelle loro case per cibarsi degli alimenti lasciati sulla tavola apposta per loro.

La commemorazione dei defunti, ha origini in un rito bizantino, col quale si celebravano i morti, officiato nel sabato precedente la domenica di sessagesima (periodo ricadente tra la fine di gennaio e il mese di febbraio). Riferimenti alle origini delle onoranze per i defunti, si possono trovare nei libri dei Maccabei. Racconta Mosè, che il diluvio ebbe luogo il diciassettesimo giorno del secondo mese, periodo che all’incirca corrisponde al nostro novembre, avvenimento rimasto vivo nella mitologia dei popoli antichi, i quali, dedicavano riti e cerimonie a persone (buone e cattive), che le divinità avevano richiamato al mondo dei morti.

L’istituzione del rito cattolico di commemorazione risale all’abate benedettino Odilone di Cluny, il quale, nel 998, con la riforma cluniacense stabilì che, per celebrare i defunti, le campane dell’abbazia suonassero rintocchi funebri dopo i vespri del 1º novembre e che l’eucaristia venisse offerta “pro requie omnium defunctorum”. Il rito, in tempi successivi, venne fatto proprio dalla Chiesa Cattolica, che nel XIV secolo lo ufficializzo col nome di “Anniversarium Omnium Animarum”. Lo scopo è ancora pregare per le anime di coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e che si sono addormentati con la speranza della resurrezione.

Abbiamo visto che la commemorazione dei fedeli defunti era vigente già nel secolo IX, ed è proseguita con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno alla preghiera per tutti i defunti.

Amalario, nel secolo IX, poneva già la memoria di tutti i defunti cronologicamente successiva a quella dei santi che erano già in cielo. L’abate benedettino Odilone, dedicò il 2 novembre alla commemorazione di tutti i fedeli deceduti. Narra la tradizione che la decisione dell’abate sia stata influenzata dal racconto di un confratello, che rientrando dalla terra santa, si trovò in mezzo ad una tempesta che lo scaraventò sulle coste siciliane. Li il frate naufrago, avrebbe incontrato un eremita che riferì di udire spesso grida e voci dolenti, di anime del purgatorio, le quali inveivano contro Odilone. Appresa la circostanza, l’abate ordinò ai suoi monaci di fissare al 2 novembre la solenne commemorazione dei defunti.

Al tempo dei primi cristiani, antiche tradizioni pagane verso i defunti erano molto diffuse e la chiesa tentò in vari modi di sradicare questi culti arcaici. Papa Gregorio, volle far assumere nuovo significato ai culti pagani dei morti e per questo, nell’835, decise che invece che al 13 Maggio, i Santi fossero festeggiati al 1° di novembre, dando così un nuovo significato ai culti

In occasione del 2 novembre, era tradizione calabrese confezionare dolci particolari per onorare i morti. C’erano dolci di forma allungata (riferimento alle ossa), di forma piatta (riferimento alla mano), a ferro di cavallo (portafortuna per i più piccoli) rotondi a simbolizzare la corona di spine, ù tortànu, simbolo della sofferenza di chi muore ma anche di chi resta a piangere.

Dette preparazioni erano di consolazione per i vivi e presso alcune civiltà (bruzi compresi) venivano consumate nei pressi dei luoghi di sepoltura (generalmente recinti prossimi ai villaggi). Con l’avvento del cristianesimo all’interno delle chiese vennero realizzate cripte sotterranee dove depositare i morti, ciò per molti secoli e fino all’avvento francese del XIX secolo, quando anche in Italia vennero istituiti i cimiteri.

Nella tradizione popolare è viva tuttora la credenza che nella notte del 2 novembre i defunti tornino a farci visita sulla terra, sebbene il viaggio verso il mondo dei vivi sia lungo e faticoso.

Da questa memoria nasce la tradizione culinaria per la festa dei morti (con significati e finalità adattate alle singole realtà locali).e risponde al vero che molte antiche usanze si perpetuano nell’intento di accogliere, confortare e placare le anime di chi non c’è più.

Nasce da queste tradizioni l’uso sandonatese di lasciare la tavola imbandita, dopo la cena del primo novembre, affinché le anime dei morti, in visita, possano condividere il pasto e ristorarsi.

Il “rituale sandonatese” in onore ei defunti, oltre àru piàttu ppì muòrti da lasciare sulla tavola, prevedeva, la preparazione di dùrci e tòrtani da distribuire a scopo benefici od amicali, la partecipazione alla messa con accensione di cìrogini e cànnìli ppì l’ànima e la visita presso la tomba presso la quale manifestare dolore piangendo copiosamente.

La festività, che la Chiesa cattolica dedica ai defunti, ha origini antiche e punti comuni con paesi diversi, lontani per epoche e distanze. La data del 2 novembre non è casuale, perché civiltà antichissime già celebravano la festa degli antenati in un periodo che cadeva proprio tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre, data che, abbiamo visto, sembra riferirsi all’inizio del grande diluvio, del quale narra la Genesi.

Il rito della commemorazione dei defunti è antichissimo ed è sopravvissuto alle epoche e ai culti (dall’antica Roma, alle civiltà celtiche, a quelle messicane e cinesi)

Dappertutto nel mondo è un proliferare di riti tendenti alla consolazione delle anime, perché siano propizie per i vivi. La tradizione celtica è stata quella di maggior eco con la notte di Samhain, dedicata a tutti i morti ed a tutte le anime, la cui celebrazione avveniva fra il 31 ottobre e il 1° novembre.

È a questo antichissimo rito pagano che si ispira la moderna festa di Halloween

Minucciu

 

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