Cùmu ghèramu: Cànti ì chièsia

Luigi Bisignani

Durante questo periodo Pasquale si sentono tantissimi canti religiosi,via Crucis,le stazioni,passione etc..

Minucciu ci fa parte della sua grande  ricerca di tutti questi canti.

Cùmu ghèramu: Cànti ì chièsia

Sui contenuti di questa ricerca, debbo ringraziare mia madre buonanima che, quando era ancora fra noi, su richiesta dei figli e pescando nella sua memoria, trascrisse i canti che nella sua giovinezza l’avevano accompagnata nella pratica religiosa.

La dove i ricordi erano confusi, per la ricostruzione delle strofe non mancò di rivolgersi a persone più anziane, così come suggeriva antica pratica  dei sandonatesi che ritenevano loro dovere il trasmettere alle generazioni future tutto il sapere della tradizione paesana.

Proseguendo questa consuetudine antichissima e non potendo più avere accesso alla “fonte diretta”, ho pescato fra gli scritti ì zìa Gàngiulìna (cosi affettuosamente chiamavo mia madre quando era in vita), quella documentazione che è stata gelosamente custodita in piccola parte da me e nella sua totalità da mio fratello Armando (che ringrazio tantissimo), il quale, sobbarcandosi un complesso lavoro di fotocopiatura, ha posto nella mia disponibilità i documenti manoscritti, a questo punto divenuti a buon diritto “patrimonio di famiglia”.

Metto a disposizione i versi, mentre per la musica la faccenda è complicata da difficoltà pratica di trascrizione e dell’assenza di bastevoli nozioni per le armonizzazioni (la musica lo studiata nell’adolescenza per poi dimenticarla nel corso di un cinquantennio di pratica mancata), per cui spero che qualche volenteroso, in materia musicale più preparato del sottoscritto, possa colmare questo vuoto.

Nelle comunità cristiane dei primi secoli il canto “religioso” aveva come oggetto le lodi al Signore e veniva intonato in luogo chiuso e nel corso delle cerimonie eucaristiche.

Nel corso dei secoli il canto è stato oggetto di trasformazioni ed aggiornamenti, negli scopi, nella musicalità e nei testi, perché alle odi si sono aggiunti inni, invocazioni e preghiere per i santi.

Nel nostro paese il canto religioso era profondamente radicato nella tradizione e non vi era manifestazione, rito o cerimonia, che non avesse i propri canti ed i propri inni, sia che lo svolgimento fosse al chiuso delle chiese o negli oratori, sia all’aperto con le processioni.

Partendo da queste premesse, pare opportuno che questa “ricchezza” meriti d’essere tramandata  essendo stata una fra le più sentite, condivise e partecipate attività comuni della popolazione sandonatese.

Tenuto da conto che le funzioni religiose più sentite, condivise e partecipate dalla popolazione sandonatese, erano (e spero siano ancora) quelle della Settimana Santa, non resta che iniziare al illustrarne i relativi canti.

 ‘A Pàssiùni.

Era il canto di introduzione al rito della Via Crucis, che all’epoca della mia infanzia veniva celebrato nella chiesa arcipretale sandonatese, nel pomeriggio dei Venerdì ricompresi nel periodo di quaresima e fino a quello precedente la domenica delle Palme.

L’incipit ai canti era l’inno titolato “Tementi dell’ira ventura” che evito di trascrivere perché trattasi di una “copiatura”, operata da un “colto sandonatese”, il quale, sul finire dell’800, ha pensato bene di predare e mettere in musica la parte iniziale dell’omonima lirica degli Inni Sacri composti da Alessandro Manzoni.

Questo riguardo il testo. Per le musiche, l’autore mi è ignoto ma rammento che da bambino, quando imparavo i canti d’accompagnamento (alla via crucis, agli altri riti ed alle processioni), gli adulti che tramandavano oralmente musiche e versi, ne attribuivano la paternità ad un compaesano, un vecchio sacerdote.

La “passione” o “via crucis”, di osservanza e tradizione sandonatese, iniziava con una invocazione con la quale si testimoniava la debolezza umana e la voglia di riscatto dal peccato.

Seguiva l’orazione del sacerdote, un  breve commento all’episodio rammentato nella “stazione” a cui seguiva il canto in coro dei “maschi”, poi nuova orazione del celebrante e la chiusa delle donne con un canto uguale e ripetuto.

Teco vorrei, Signore;

oggi portar la croce;

nella tua doglia atroce,

io ti vorrei seguir.

Ma sono infermo e lascio;

donami tu coraggio;

acciò, che nel gran viaggio;

non m’abbia da smarrir.

Tu, con divino sangue;

vammi segnando i passi;

ch’io laverò quei sassi

col mesto lagrimar.

Né temerò smarrirmi;

per mondo del dolore;

quando, il tuo santo amore;

m’insegna a camminar.

Il mio signor diletto

a morte hai condannato

spiegami almen, Pilato,

qual fosse il suo fallir.

Che se poi l’innocenza,

colpa da te s’appella,

per colpa così bella,

potessi anch’io morir?

Chi porta il suo supplizio,

so che ne appar ben degno,

so che la pena è segno

di già commesso error.

Ma se Gesù si vede,

di croce caricato,

paga l’altrui peccato,

sol per immenso amor.

Chi porta in pugno il mondo,

a terra e già caduto,

né c’è chi gli dia aiuto;

oh ciel che crudeltà.

Se cade l’uomo ingrato,

tosto Gesù il conforta,

ma per Gesù, è morta

al mondo ogni pietà.

Sento l’amaro pianto,

della dolente Madre,

che gira tra le strade

in traccia del suo ben.

Sento l’amato figlio,

che dice: Madre addio,

più fier del dolor mio,

il tuo mi passa il sen.

Se di tue crude pene,

son io, Signore, il reo,

non deve il cireneo,

la croce tua portar.

Se già potei per tutti,

la croce io sopportare,

per uno ad aiutarti,

non dovrà poi bastar?

Si vago è il tuo tormento,

bel volto del mio bene,

che quasi a te diviene,

amabile il dolor.

In cielo che sarai,

in razzo vel impresso,

da tante pene oppresso,

spiri si dolce amor.

Sotto i pesanti colpi,

della ribalda scorta,

un nuovo inciampo porta

a terra il mio Signor.

Più teneri dei cuori

siate voi duri sassi,

né più ingombrate i passi,

al vostro Creator.

Versa per gli occhi il core,

in lagrime disciolto,

bacia quel freddo volto

e se lo stringe al sen.

Tomba che chiudi in seno,

il mio Signor gia morto,

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 finché non sia risorto,

non partirò da te.

Alla spietata morte, allor dirò con gioia,dove’è la tua vittoria?

Il tuo poter dov’è?

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I stàziùni

Canto delle donne alla via Crucis

da intonare dopo la presentazione e le orazioni del celebrante e ripetuto ad ogni stazione.

Caro Gesù; morire;

morire per amor mio;

voglio morir; anch’io;

voglio morir con Te.

Canti del coro maschile alla via Crucis

 Stazione I°

Empio canto, fu la voce

di Pilato, allor che disse;

la sentenza, egli soscrisse;

muore Cristo e muore in croce.

Stazione II°

Tu ramenti o alma pia

che l’agnello del Dio soave;

carico fu, del peso grave,

della croce, infame e ria.

Stazione III°

Dove sei, o alma amante;

che al tuo Cristo non porgi aiuto;

sotto il peso, Egli è caduto,

della croce, aspra e pesante.

Stazione IV°

Nel viaggio, o che martire;

con Maria s’incontra il figlio;

e Le parla con Suo piglio,

Madre mia, vado a morire.

Stazione V°

Nel viaggio, il crudo ebreo,

non soffrendo i lenti passi,

da Gesù, vuole che passi,

la sua croce, al Cireneo.

Stazione VI°

La Veronica piangente,

rasciugò, col vel pietoso,

il bel volto sanguinoso

di Gesù, stanco e languente

Stazione VII°

Gia di nuovo il mio Signore

cade a terra afflitto e langue

e la via, col suo bel sangue,

va stampando, al peccatore.

Stazione VIII°

Donne pie, de non vi pigli,

dal mio duolo, tante pietate,

ma le lagrime versate,

sopra voi e i vostri figli.

Stazione IX°

Quei che porta, in pugno il mondo,

non più regge è indebolito

siete voi, peso infinito,

colpe mie, io mi confondo.

Stazione X°

Angeli voi dal Ciel scendete

l’ali stendete  per ricoprir.

Gesù nudato, aimè spietato,

quanto rossore mi fai soffrir.

            Stazione XI°

Duro cuore, perché non odi

dei martelli, il suono triste;

che trafissero il mio Cristo,

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con pungenti e duri chiodi.

Stazione XII°

Ecco mira, il Crocifisso

o mio cuore di duro smalto;

ora Lui levato è in alto,

di dolore s’apre un abisso.

Stazione XIII°

Cristo è morto ed hai che duolo,

già si toglie, dalla croce

e Maria, senz’alma e voce,

prende in seno, il suo

figliuolo.

&

Stazione XIV°

Al sepolcro, verginale,

il divin corpo, gia si porta;

alma mia, se non sei morta,

accompagna il funerale

7

Le cinque piaghe

Prima piaga:

Duro chiodo, che hai

squarciato;

la man destra, al redentore;

questo fu, pel mio peccato;

pianga pur, questo mio

cuore.

Seconda piaga:

Se feristi, acciar diletto;

la sinistra, del mio Dio;

ecco il seno, essoti il petto,

tu ferisci, oggi il cor mio.

Terza piaga:

Gesù mio, al destro piede;

tu soffristi, un duolo atroce

de avvalora, la mia fede

fa che ognor, pensi alla

Croce.

Quarta piaga:

Quel sinistro, piè trafitto;

de contempla, anima mia;

piangi pur, col cuore

afflitto,

come pianse, allor Maria.

Quinta piaga:

Se la piaga, allor tu miri,

di quel Suo costato aperto;

perché ognor, tu non

sospiri,

se per te, tanto ha sofferto.

8

Inno dei pentiti

1)

Gesù mio, con dure funi

come reo, chi ti legò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

2)

Gesù mio, la bella faccia

chi crudel ti schiaffeggiò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

3)

Gesù mio, di fango e sputi

il bel volto, chi ti imbrattò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

4)

Gesù mio, le sacre membra

chi inuman, ti flagellò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

5)

Gesù mio, la nobil fronte

chi di spine, coronò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

6)

Gesù mio, sulle tue spalle chi la croce, caricò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio perdono e pietate

7)

Gesù mio, la dolce bocca

chi di fiele, amareggiò..

sonio stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

8)

Gesù mio, le sante mani,

chi con chiodi, ti forò..

sono stati i miei peccati

Gesù mio, perdono e pietate

9)

Gesù mio, gli stanchi piedi,

chi alla croce, l’inchiodò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

10)

Gesù mio, l’amante cuore

con la lancia ti squarciò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e pietate

11)

O Maria, il tuo bel figlio,

chi l’uccise e te lo rubò..

sono stati i miei peccati,

Gesù mio, perdono e

pietate.

9
 Ai tuoi piedi

Ai tuoi piedi o bella madre

verso il pianto di dolore

per me prega il figlio, il

padre

in te sola le speme, il cuor.

Una stilla, alma del sangue

che versava il tuo Gesù

mi conforti il cuor che

langue

mi conceda ancor virtù.

Al seguir vorrei tuo figlio

il suo sangue ancor versare

ma nell’ora del periglio

sento il cuor in sen tremar.

Del calvario in sulla via

ti vorrei alma seguir

e soffrir con te Maria

contemplare il tuo martir.

Ora il figlio che ferito

morto vedi in seno a te

o soffrir impietosito

una lagrima per me.

Tu sei immensa nel dolore

e dei mesti consolata

hai per me trafitto il cuore

per me è morto il tuo

figliolo.

Fra i cipressi o signore

mi aggiro dove mesto passo

sono teco nel martire

ed il figlio tuo morir.

Io l’offesi e i falli miei

finché ho vita piangerò

se madre ancor mi sei

io perdono ti chiederò.

10
 Il figlio mio dov’è

Già condannato il Figlio,

alle ribalde squadre,

chiede l’afflitta Madre,

il Figlio mio dov’è.

Corre per ogni via,

incontra l’empia gente

e chiede a Dio, piangente

il Figlio mio dov’è.

Interroga le meste

figliuole di Sionne,

ditemi, o buona gente,

il Figlio mio dov’è.

Sale l’infame monte,

con frettolosi passi

e chiede ancora ai sassi,

il Figlio mio dov’è.

O Madre dolce e cara,

o Vergine pudica,

permetti che lo dica

il Figlio Tuo morì.

Guarda la nuda croce,

che a Te rivolta, dice,

ai mesta genitrice,

il Tuo figliul morì.

Quel capo già chinato

quella annerita foto,

dicono a chiare note.

che il Tuo figliul morì.

Le tombe, i sassi, i mondi,

le stelle, il mar, le sfere,

tutto ti far sapere,

che il Figlio Tuo morì.

Ma chi, crudel, commise,

questo esecrando eccesso,

o dolce Madre, io stesso

uccisi il tuo Gesù.

Per me quel Figlio cadde,

insanguinato e spento,

per me si vede e pente,

lo spirito esaltar.

Per soddisfare, o Vergine,

al mio diletto istante,

de, prestami quel pianto,

che tu versasti un dì.

Placati, dunque io soffro

eterno disir, Padre,

le pene della madre,

il sangue di Gesù.

Teco diletta madre

Teco diletta madre

mi fermo appiè del legno

acciò mi renda degno

di teco lagrimar.

Vinto da tante pene

mi trema in petto il cuore

dal duolo e dall’amore

mi sento lacerar          .

E se di più polesse

di più penar vorrei,

che maggior morte avrei

nel maggio mio dolor.

Ma col fermarmi teco

Spero che il tuo dolore

Insegnerà al mio cuore

Di più patire ancor.

 

Minucciu Marzo 2018

 

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2 commenti

    • Simeone Luigi il 29 Marzo 2018 alle 5 h 44 min
    • Rispondi

    Grande Minucciu!
    Sarebbe bellissimo poter riascoltare questi canti tramite video(sono particolarmente legato a quello del venerdì santo).
    Grazie,Minucciu per il bellissimo lavoro di ricerca e per renderci partecipi di queste pagini di tradizioni sandonatosi.

    • Luigi Simeone il 29 Marzo 2018 alle 5 h 47 min
    • Rispondi

    Errata corrige:pagine!
    Errore di battitura,sorry

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