La redazione & Giovanni Benincasa
RIUSCIRANNO A INVERTIRE LA ROTTA?
Il presente brano, qualche tempo fa, è stato già pubblicato sul nostro giornale, ma dopo l’ultimo articolo di Luigi Bisignani sento il desidederio di riproporlo per evidenziare che se qualcosa è cambiato è solo in peggio tranne che per il Santuario di Sant’Angelo che a seguito del restauro è sicuramente godibile pur con l’assenza di illuminazione causa il mancato allacciamento alla rete per “ignoti motivi”.
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Questo piccolo “brano” dedicato al nostro paese, nasce, assolutamente, da un fatto casuale e l’ho volutamente titolato con una domanda, conscio che la situazione amministrativa e il dissesto del territorio comunale che vengono rappresentati sono a dir poco disastrati. Il tutto viene ulteriormente aggravato da una crisi di livello sovrannazionale assolutamente stressata dalla crisi dei mercati di tutto il mondo. Quindi, l’impegno che la amministrazione in carica, eletta da qualche mese, si trova ad affrontare è davvero arduo e non lascia adito a dubbi: qui o si fa San Donato o si rischia l’accorpamento con la conseguenza di smembrare completamente ciò che lega il centro capoluogo al suo territorio e di conseguenza tutto il nostro territorio diverrebbe marginale ad altri comuni.
Il fatto occasionale, che mi ha portato a voler dare risalto a qualcosa che sono sicuro i nostri amministratori conoscono molto bene, è il ritrovamento, sul parabrezza della mia auto, di una rivista periodica edizione 2008, ancora nuova di zecca nella sua custodia di cellofane. Questo è avvenuto nella prima decade di luglio scorso “2011”, durante i festeggiamenti della Madonna delle Grazie, mentre assistevo ad un concerto a Spezzano Albanese. Il titolo “APOLLINEA” che lascia trasparire gli argomenti trattati e la data di edizione mi hanno molto incuriosito, al punto che mi sono autocostretto a fare un giro tra le molte macchine che sostavano nel parcheggio per verificare se fosse una distribuzione vera e propria. Niente da fare, quel periodico, come caduto dal cielo sul parabrezza della mia macchina, in quel parcheggio, mi è sembrato l’unico e solo. La curiosità è stata tanta, per cui il giorno successivo l’ho quasi letto in apnea riscontrando che gli argomenti trattati sono inerenti il Parco del Pollino, come era evidente, e l’economia calabrese. Insomma tutti cercano di trarre benefici da questa istituzione, mentre San Donato risulta essere un comune assai marginale. Cito i brani che più hanno lasciato un segnale martellante nella mia mente: -Novacco: un sogno che si avvera; III corso propedeutico alla formazione di accompagnatori di escursionismo; L’economia perduta della Calabria (le ferriere borboniche nel cuore delle serre: Mongiana).
– NOVACCO è una località nel comune di Sarecena, con una storia a cui oserei accostare la storia della nostra segheria, di contrada Pantano, che fino agli inizi anni 60 ricordo funzionante e con la teleferica che trasportava tronchi dai nostri boschi. A Novacco lo sviluppo è stato più importante, li arrivarono maestranze da tutta Italia e trovarono posto: stabilmente 500 persone e nei periodi di taglio circa 1000. Poi anche qui tutto è finito.
– Il corso propedeutico alla formazione accompagnatori di escursionismo. Qui si parla di aver dato inizio alla formazione di professionisti per l’accompagnamento di gente che vuole evadere dalla routine quotidiana per immergersi in ambienti dove poter respirare, finalmente, a pieni polmoni ed ubriacare di aria buona il proprio organismo. San Donato ha il territorio su cui si può investire in questo senso a patto che ci sia a chi piace rischiare in questo tipo di attività.
– L’economia perduta della Calabria. Le ferriere borboniche nelle cuore delle Serre: Mongiana. Al tempo dei Borboni la Calabria era una parte imnportante nell’economia industriale del regno di Napoli e Mongiana era un paese nato grazie alla sua ferriera (Nel 1771, l’otto marzo, sorge così, ex novo, sulle Serre, tra faggi e querce, Mongiana “921 m. slm”, su progetto dell’architetto Mario Goffredo, ecc.). Scomparsa la ferriera è scomparso anche Mongiana. Ciò per dire che ci sono zone della Calabria che offrirebbero buone prospettive di sfruttamento del territorio a favore del settore primario dell’industria, ma nulla si fa nonostante l’economia di tutta Italia stia andando a rotoli. San Donato non è detto “la conca dei metalli”? Si parla di cinabro e quant’altro o no?
I punti appena marginalmente accennati potrebbero essere degli argomenti su cui riflettere per verificare se cisono le condizioni per un riavviamento dell’economia del nostro paese. Potremmo partire con lo sfruttamento razionale dei nostri boschi, che con un taglio sistematico, secondo il ciclo naturale della vegetazione, e la lavorazione in loco del legname potrebbe dare sitemazione ad un po di gente e non in modo saltuario. Sicuramente non a migliaia di persone, come nella storia di Novacco, ma poche decine di sicuro.
Continuiamo con gli accompagnotori per escursionisti che potrebbe essere un buon viatico per far decollare il turismo, per gli amanti della montagna, a patto che si verifichino alcune condizioni propedeutiche all’avvio del turismo a San Donato.
Quindi, se San Donato, minerariamente parlando, è quello che si racconta andando a scomodare anche alcune citazioni di eminenze grige del passato, anche remoto, si può provare a sollecitare il discorso minerario a livello Nazionale e verificare se è ancora il caso di sognare su queste nostre risorse oppure è il caso di dimenticarsene defitivamente come di fatto inesistenti.
Ciò detto, va analizzata attentamente la situazione odierna di cui apparentemente tutti sappiamo ma la realtà vera è nota all’amministrazione comunale che conosce bene sia gli atti amministrativi e quindi la situazione economica che il dissesto territoriale.
Io mi posso avventurare solo nel realizzare una sorta di elencazione di ciò che ho visto con i miei occhi nelle mie brevi ma intense visite distribuite nei mesi di luglio e agosto appena trascorsi.
Era da tempo che volevo dedicare al mio paese di origine un minimo di attenzione, per la prima volta l’ho fatto l’anno scorso, in autunno, in occasione della sagra, e se tanto confortato sono rimasto dal susseguirsi degli eventi relativi al festeggiamento l’esatto contrario è stato per la visita ai luoghi che dovrebbero dare più lustro al centro capoluogo. Di quella visita le poche cose che hanno potuto suscitare l’ammirazione degli amici che avevo con me, sono state: il festeggiamento (come detto), la posizione in cui è posto il paese e il magnifico panorama che offre come punto di osservazione, l’altro non gliel’ho proprio mostrato visto lo stato in cui versava quella che in un certo senso ritengo il simbolo del paese, la chiesa della Motta.
Levata la struttura della chiesa eretta in quella posizione ed il quadro della Madonna dell’Assunta che sembrerebbe di buon livello artistico, all’interno la chiesa è spoglia e sono accontanati, come li dimenticati, una campana lesionata e un confessionale tutto intarsiato ma anche tutto smembrato e assolutamente inservibile in quelle condizioni.
Per andare alla chiesa della Santissima Trinità ho preso la strada esterna che “porta” ad Acquaformosa ed ho parcheggiato ad un centinaio di metri dalla chiesa, in un piccolo spiazzo, sotto il costone di Sant’Antonio. A metà strada tra il torrente e lo spiazzo il costone roccioso sta franando e per frenare l’evento è stata realizzata una palizzata, con rete e travi di sostegno metalliche, che a dire il vero a me, in quel contesto, è sembrata solo una piuma d’oca. Speriamo che non si verifichi alcun evento che metta alla prova quella struttura. La Chiesa della Santissima Trinità, l’avevo vista altre volte in fase di ristrutturazione e non avevo mai dato peso a quello che c’era dentro. In questa occasione la struttura l’ho trovata in ordine, tutta ripitturata, bella luminosa ma troppo vuota per come la ricordo.
La struttura che si vede in fondo dietro all’attuale altare, io la ricordo all’interno del cappellone. Li in fondo ricordo un’altro tipo di struttura, più avanzata come posizione e sormontava il vecchio altare che prevedeva il rito della Santa messa con l’officiante che volgeva le spalle ai fedeli. La struttura che stava prima era ridotta cosi male da non poter essere restaurata? Perchè non è stata rimessa al suo posto? Ora, comunque, il cappellone è dotato di un piccolo altare e al suo interno sono stati portati alla luce: a sinistra una botola con all’ interno una spada e a destra lo stemma del duca Ametrano con delle incisioni. Il Cappellone così come la chiesa appaiono disadorni. Come luogo di preghiera è sicuramente adatta alle sue funzio
ni, mentre artisticamente, perdonate la mia incompetenza, non attrae affatto.
Ho visitato poi sia la Grotta di Santangelo che quella di San Vito. Che dire? Se sono parte della nostra storia, dobbiamo del rispetto anche a queste strutture pena la morte della memoria relativa alla storia dei nostri avi e di noi loro discendenti. A vederle da vicino non è quel che si dice un bel vedere.
Durante la seconda visita, mi sono fatto accompagnare con la macchina fino nelle vicinanze sella chiesetta di Sant’Antonio e di li ho attraversato tutto il paese, quasi sempre sotto il costone, uscendo una prima volta poco oltre la chiesa della Santissima Trinità e successivamente passando alle spalle della casa comunale sono sbucato nei pressi dove una volta c’èra il negozio di abbigliamento di Antonio Pucciani. È vero che nel paese ovuque tu vai non vedi altro che porte chiuse, ma lungo le stradine che ho percorso, dove da bambino ricordo tanta gente, lì c’è il nulla. Tutte porte chiuse e malridotte quando non scardinate.
Questa foto ne è un esempio e non è il peggio