Italia senza lavoro, i giovani italiani vanno all’estero

Tratto da Italia chiama Italia

Ciao Roma, cerco fortuna altrove’

Italia senza lavoro, i giovani italiani vanno all’estero

 Inutile, lo Stivale è un Paese vecchio e per vecchi, non c’è storia. Così i nostri ragazzi se ne vanno, varcano i confini nazionali per cercare fortuna altrove. E a volte questa fortuna può anche essere soltanto un lavoro dignitoso. E regolare. Già, perché le nuove generazioni non cercano mica la luna: vogliono solo essere messi in condizione di dimostrare a se stessi prima di tutto quanto valgono. E di guadagnare uno stipendio che permetta loro di vivere, e non di tirare a campare.

 

 

 Sempre più giovani italiani all’estero. In Italia si fa fatica a trovare lavoro, anche quando sei preparato, hai il “pezzo di carta” in mano e tanta voglia di fare. Inutile, lo Stivale è un Paese vecchio e per vecchi, non c’è storia. Così i nostri ragazzi se ne vanno, varcano i confini nazionali per cercare fortuna altrove. E a volte questa fortuna può anche essere soltanto un lavoro dignitoso. Già, perché le nuove generazioni non cercano mica la luna: vogliono solo essere messi in condizione di dimostrare a se stessi prima di tutto quanto valgono. E di guadagnare uno stipendio che permetta loro di vivere, e non di tirare a campare. Un ritorno all’emigrazione di un tempo: solo che anziché avere la valigia di cartone i giovani d’oggi partono con l’iPad sotto il braccio.

Non è vero che a partire sono soltanto “i cervelli”. Non è così. In tanti decidono di lasciare il nostro Paese per fare i baristi, i camerieri, o più in generale lavori manuali. Quante volte su ItaliaChiamaItalia abbiamo parlato dei giovani che partono? E quante volte abbiamo auspicato che le nuove generazioni possano essere messe in grado di non abbandonare la propria Patria, ma di aiutarla con il loro lavoro e impegno a crescere? Ma se il lavoro da noi non c’è, i giovani sono costretti per forza di cose a cercarlo altrove.

LE STORIE Del fenomeno che riguarda i giovani italiani che decidono di recarsi all’estero in cerca di lavoro ne ha parlato nei giorni scorsi Affari Italiani, che ha raccontato diverse storie reali, come quella di Cristiano, per esempio, che ha lasciato Roma per andare in Germania: “Berlino sicuramente non è il paradiso e l’Italia mi manca, soprattutto la famiglia ma, francamente, ciò che mi manca viene compensato da ciò che ho trovato qui”. 37 anni, una moglie e un figlio: ha deciso di lasciare Roma circa un anno fa per volare a Berlino. “A Roma noi stavamo a Monteverde, posso dire che si campava! Vivere è una parola grossa. In qualche modo, a volte con un piccolo aiuto dei genitori, si riusciva ad andare avanti, ma tante cose spesso sfumavano a causa di cattivi pagatori e di lavori troppo impegnativi e pagati comunque troppo poco”. Cristiano in Germania fa sempre il suo lavoro, nell’ambito della pubblicità e del marketing. E’ un tecnico audio visuale. Ma in Italia faceva fatica: ora a Berlino lavora per una delle compagnie più grandi nel mondo per gli effetti visivi, dopo aver fatto il freelance per 2 mesi è stato assunto perché temevano che se ne andasse in altre compagnie. E di tornare in Italia non se ne parla proprio.

C’è poi Francesco S., architetto romano di 29 anni, a partita Iva in uno studio di Rignano Flaminio, guadagna in un mese 600 euro circa a lordo e anche cercando altro, il meglio che ha trovato è stato di 800 mensili, senza contratto, s’intende, molto poco, troppo, anche solo per campare e adesso sta pianificando il suo trasferimento in Svizzera: “Ho deciso di partire perché ormai in Italia per noi giovani non c’è più prospettiva per il futuro e la possibilità di un lavoro che ti permetta di vivere in modo dignitoso. Partirò per la Svizzera tra settembre e ottobre, non ho conoscenze dirette però già sto mandando dei curriculum vitae per trovare un lavoro così da non perdere troppo tempo quando sarò lì”.

Anche Federico, geometra di 25 anni, dopo 2 anni di tirocinio e tante promesse in uno studio professionale sulla Cristoforo Colombo, inizia a vedere i primi soldi, 700 euro al mese ma di contratto non se ne parla. Lui continua a lavorare ma quando vede che anche il mensile inizia ad arrivare in ritardo, prima un mese, poi due e anche tre, decide di dire basta e abbandona lo studio. Raccolte informazioni all’Associazione dei geometri per lavorare all’estero, ora è in procinto di partire per l’Australia, armato solo di bagagli ma con tanta speranza e voglia di sognare ancora: “Purtroppo l’Italia è caduta talmente tanto in crisi che ti costringe a dover guardare fuori. Molti non partono per voglia di farlo ma per necessità. Ora io sono uno di quelli”.

ALCUNI DATI L’Aire, l’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, registra il 2012, l’anno nero della crisi, come anche l’anno del boom degli espatri, con 4.341.156 italiani residenti oltre confine, un aumento del 30% rispetto al 2011. Ad abbandonare l’Italia in crisi sono più gli uomini che le donne, il 56% contro il 44%, con un’età media di 33 anni e i laureati sono più del 27%. Tra le mete degli italiani che emigrano, in testa c’è la Germania, ma anche la Svizzera, la Gran Bretagna, l’Argentina, gli USA e l’Australia.

I NUOVI MESTIERI La crisi ha anche spinto i nostri giovani ad armarsi di fantasia e di grande forza di volontà, e quindi ad inventarsi un lavoro. Grazie a internet, in molti hanno trovato una strada: blogger, imprese che sviluppano siti web. Ma alcuni lavori sono davvero strani: c’è il declutter, per esempio, ovvero l’addetto ad organizzare gli spazi, casa o ufficio, in modo efficiente, eliminando tutto quel superfluo che comporta perdite di tempo e denaro. Oppure l’home stager, che aiuta il proprietario a valorizzare una casa per favorirne la vendita, in pratica una forma raffinata di marketing immobiliare. Fino al cake decorator, una via di mezzo tra un pasticciere e un food stylist, perché le sue torte devono essere un piacere per gli occhi e per il palato. Insomma, se l’intenzione è di non abbandonare la nave che affonda, allora l’unica alternativa è darsi da fare.

CONTROCORRENTE Arianna Spagnolo, romana di 30 anni, laureata in Economia, master in Rapporti Internazionali in Argentina, dopo un paio di anni ha deciso di tornare nella sua “bella Roma”, dove eredita la casa del nonno a San Giovanni. Qui, però, le prime delusioni: lavoretti di 6 mesi, 1 anno al massimo, ma nulla di più. Allora decide di rimboccarsi le maniche: “Quando vedi che ti va male dappertutto e capisci che non sei tu che sei sbagliata ma è il sistema, l’unica cosa che puoi fare è rimboccarti le maniche e ricominciare da capo. La mia vita è sempre ruotata intorno al cibo, da sempre mi diverto a cucinare per gli amici, cene particolari e selettive. Allora mi sono rimessa a studiare, ho fatto scuola di cucina e dopo qualche esperienza nei ristoranti mi sono dedicata all’attività di professione”. Così Arianna è diventata Personal Chef, un cuoco privato che offre un servizio personalizzato direttamente al domicilio del cliente. E’ la rete il suo giro di contatti. Cominciano ad arrivare anche le prime soddisfazioni, ma la vera gioia Arianna la prova quando, quasi per gioco, partecipa con un video di presentazione al concorso del ministero del Turismo in Australia, “best job in the world”, “miglior lavoro del mondo”: la possibilità per lei di diventare Taste Master, maestra di gusto, esibendo il suo lavoro nel Pease dei Canguri. La notizia che è stata ammessa nella rosa dei 25 finalisti tra i talenti del gusto mondiali, l’unica italiana, la lascia incredula e speranzosa poi, però, nella selezione finale degli ultimi tre, Arianna non rientra. Delusa? “Un po’, in fin dei conti il mio obiettivo è aprire un ristorante qui a Roma…”. Ma alla domanda “se avessi vinto saresti andata in Australia?” Arianna non esita: “Al volo, mica sono scema, qui il ristorante non so neanche se riuscirò mai ad aprirlo…”.

LAVORO, LAVORO, LAVORO E’ davvero il lavoro l’urgenza per i giovani italiani. Studiano, accumulano esperienza attraverso stage formativi, si applicano, fanno sacrifici, ma poi non riescono a trovare la loro strada. Non perché non ne siano capaci, non perché non siano pronti ad affrontare le sfide, ma perché proprio non c’è spazio per loro in questo Stivale ormai massacrato da chi ha gestito la cosa pubblica e l’economia italiana nei decenni passati. I padri si sono mangiati il futuro dei figli, questa è la verità. E ora tocca ai giovani cercare di inventarsi un futuro, che in Italia sembra davvero buio. Partire è un po’ come morire, si dice: ma se l’alternativa è “tirare a campare” o lavorare per quattro soldi, allora meglio fare la valigia e partire. Alla ricerca della felicità, la propria. (RF)

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