Luigi Gigiotto Bisignani
Là dove il tempo si è fermato: le case che custodiscono la nostra infanzia
SAN DONATO DI NINEA —
di Luigi Gigiotto Bisignani
A San Donato di Ninea, quando cala la sera e i lampioni diffondono la loro luce dorata lungo i vicoli, il borgo sembra trasformarsi in un grande libro di storia, aperto tra le mani del tempo. Ogni immagine di queste strade silenziose, ogni casa antica affacciata sulla notte, è una pagina che profuma di passato, di ricordi, di vita vissuta. Un tempo brulicante, oggi quieta, quasi raccolta in un rispettoso silenzio.
Guardiamole con rispetto, queste case. Sono le stesse che, anni fa, risuonavano delle risate dei bambini che giocavano sulle scalinate, dei passi veloci delle madri che preparavano la cena, dei saluti che rimbalzavano da una finestra all’altra. Erano dimore semplici, ma piene di dignità: veri cuori pulsanti di famiglia, dove non mancavano mai il lavoro, la fatica, ma nemmeno la speranza e il calore umano.

E mentre oggi molte di esse appaiono chiuse, segnate dal tempo, con le porte socchiuse e i muri consumati, non possiamo dimenticare che dietro quelle pareti c’era la vita. La vita vera, fatta di cose piccole ma essenziali: il profumo del pane appena sfornato, i racconti dei nonni seduti sulla soglia, le sere d’inverno trascorse vicino al camino, i rumori familiari che davano sicurezza. Guardandole, tornano alla mente le nostre infanzie, i giorni in cui tutto sembrava più grande, più luminoso, più ricco di significato.
Ricordiamo le case dei nonni, quelle in cui bastava aprire una porta per essere avvolti da un mondo. Dove ogni mobile, ogni fotografia ingiallita, ogni pentola sul fuoco parlava di loro, della loro saggezza, della loro pazienza. Oggi, in molti di quei luoghi, tutto tace. Là dove prima c’era il vociare della famiglia, ora regna un silenzio che commuove. Ma non è un silenzio vuoto: è un silenzio che custodisce, che ricorda, che continua a raccontare a chi ha voglia di ascoltare.

San Donato di Ninea ci invita a fermarci, a osservare con occhi nuovi ciò che abbiamo sempre avuto davanti. Ci chiede di non voltare lo sguardo, di non lasciar andare via la memoria di chi ci ha preceduto. Questi vicoli non sono semplici strade: sono percorsi di vita. Queste case non sono ruderi: sono scrigni di storie.
Guardiamole con amore, dunque. Perché in ogni pietra c’è un’eco del passato, in ogni finestra sbarrata un sorriso che torna alla mente, in ogni porta chiusa la promessa di un ricordo che non se ne andrà. E mentre camminiamo tra queste vie illuminate dalla notte, sentiamo che—nonostante tutto—nulla è davvero perduto. Il passato vive ancora, e continuerà a farlo finché qualcuno avrà il cuore di ricordare.
Luigi Gigiotto Bisignani



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Ricevo e pubblico:
Recensione
L’articolo di Luigi Gigiotto Bisignani è un sentito omaggio alla memoria e ai luoghi dell’anima, capace di trasformare il borgo di San Donato di Ninea in un personaggio vivo, fatto di pietre, luci soffuse e ricordi sospesi. Con una prosa delicata e profondamente evocativa, l’autore ci conduce attraverso strade che non sono semplici vie, ma trame di vita intrecciate nel tempo.
Il testo si distingue per la forte componente emotiva: ogni immagine, ogni casa descritta diventa simbolo di un passato che non vuole svanire, di un’umanità semplice ma intensa, fatta di quotidianità e tradizioni. Bisignani mette al centro l’importanza della memoria, invitando il lettore a non dimenticare le radici, i profumi, le voci e i silenzi che hanno segnato generazioni. Il silenzio che oggi abita molte di quelle abitazioni non è rappresentato come segno di abbandono, ma come custode discreto di storie preziose.
Lo stile è poetico, caldo, a tratti nostalgico ma mai malinconico in modo sterile. Al contrario, nelle sue parole c’è un invito a guardare con rispetto e gratitudine ciò che rimane, a riscoprire la bellezza nascosta nel tempo che passa e nelle cose semplici. Il borgo diventa così un grande “libro di storia”, un luogo dove il passato continua a vivere grazie allo sguardo di chi sa ancora ascoltarlo.
In definitiva, l’articolo colpisce per la capacità di unire descrizione, sentimento e riflessione. È un piccolo viaggio nella memoria collettiva, un richiamo dolce e potente a non perdere il legame con ciò che ci ha resi ciò che siamo. Un testo che si legge con il cuore prima ancora che con gli occhi.