Ferie d’agosto, San Donato solo te conosco!

Luigi Bisignani

il 20 luglio 2010,ricevo dall’amico PIETRO VIGGIANI,questo scritto che ho ritrovato  nell’archivio storico del nostro GIORNALE.

7 anni son passati e cos’é cambiato? vi lascio leggere questo ritorno ed a voi di trarne le conclusioni.

Ferie d’agosto, San Donato solo te conosco!

Le lancette dell’orologio battono con regolarità lo scorrere del tempo.
Una cappa di caldo opprime la città.

Grondo di sudore davanti allo schermo del PC e penso mentre il ticchettio dell’orologio non cessa di ricordarmi che il tempo procede.
A cosa penso?
“Cazzo domani è lunedì e tocca nuovamente indossare gli abiti da lavoro. Per fortuna le vacanze estive sono vicine”….
Un sorriso mi illumina il viso e fa svanire dalla testa i tanti pensieri.
“Tra qualche settimana parto !” mi faccio forza. Ancora 26 giorni, 624 ore, 37440 minuti, 2246400 secondi…..Povere lancette quanto devono camminare!
Da quando ero in fasce fino ai tempi dell’università e del lavoro, le ferie d’agosto hanno significato sempre e solo San Donato di Ninea.
“Cosa fai quest’estate?” è la domanda che circola da qualche settimana all’interno del gruppo di amici.
“Ancora non so”, “Non ho prenotato”, “Non ho i soldi, ho comprato casa…”
L’unica certezza è la mia destinazione: “Viggio te come ar solito vai in Calabria ?”
Ebbene si, anche quest’anno, per il trentasettesimo anno di seguito non mancherò.

Il piede spinge pesante sull’acceleratore, l’autostrada è finalmente sgombra e battuta dal solleone.
La Salerno – Reggio Calabria è una vergogna, hanno pure il coraggio di chiamarla autostrada.
Forse i miei figli la vedranno a tre corsie, con servizi efficienti, ben asfaltata e senza buche. Una strada degna di un paese civile e avanzato. Oggi forse l’Italia non lo è, magari non lo è mai stato.
Ma non importa, metto da parte le mie riflessioni sullo stato da malato cronico del paese e affondo il piede portando la velocità al massimo.
“Altomonte 1km” cita la segnaletica. Per molti una informazione insignificante. Per me il traguardo di un viaggio, la meta desiderata un lungo anno, le porte del Paradiso dopo un anno d’inferno.

Distese di verde ovunque, immense, sperdute all’orizzonte.
Il fondo valle è l’ingresso sorpassato il quale comincio a non soffrire più il caldo, il silenzio della campagna infonde un benessere interiore, i pensieri e i problemi sono rimasti imprigionati nella cappa d’afa di Roma.
“Fanculo, per una settimana stacco la spina!”
Abbasso il finestrino e alzo il volume della radio. Le note allegre di un cantautore calabrese, un tipo tosto emigrato a Roma ma con la Calabria nel cuore, si disperdono nell’aria.
“Un po’ come me”, rifletto accendendomi una sigaretta.
“Là, là , là, là, là…… Là, là , là, là, là….Ma il cielo è sempre più blu……..” canto a squarciagola ammirando i pescheti e gli ulivi che mi circondano.
Il corpo è percosso da brividi, la mente sgombra, il cuore colmo di gioia.
La strada comincia a salire, le sfumature del verde si fanno sempre più intense scrutando le montagne dietro le quali pennellate di azzurro regalano tratti panoramici come fossero dipinti su tela.
Scalo in terza e accelero per superare un trattore, in lontananza intravedo il Bivio.
Sarà che col tempo sono cambiato, ma ogni volta che giungo alla fine della strada di fondo valle le persone che incontro lungo la strada mi guardano sempre un po’ in cagnesco.
“Ma chini ghé” si chiederanno.
Passando davanti al negozio della buon’anima di Ottorino salutare chi incontro con una strombazzata di clacson è ormai un rito irrinunciabile.
“Ciao Pasquà….Nicòòòòòò…ni vidimu aru giruni” sorrido ai Trovatello che oziano sul muretto davanti casa.
Non mi posso fermare. Devo correre, raggiungere la meta come un tossicodipendente in crisi d’astinenza ansima nel vedere in lontananza una dose di droga.
La mia di droga è a portata di mano, manca poco.
Rallento in prossimità dell’incrocio con il Pantano, controllo dallo specchietto retrovisore se arriva qualcuno.
Perfetto, sono solo……
Chiudo gli occhi solo per un attimo, la macchina và da sola….

“U Paisi” svetta imperioso sulla punta di roccia, avvolgendomi in un caldo abbraccio.


La visuale mi cala in uno stato di trans, il tossicodipendente ha consumato la sua droga.
E’ sempre la stessa scena, ma ogni volta il cuore esplode.
La mente ripercorre le tappe della mia esistenza, avvolgendo il nastro. Per pochi attimi vedo scorrere sulla pellicola i miei nonni, la sagoma di Zi’ Lisandru che mi aspetta seduto sulla sedia di paglia in prossimità della curva del Girone, Zi’ Micuzza che corre da Commare Rosina per “ ‘nfurnare u crapiettu cu patani”.
Il tempo si è fermato, a San Donato è come non passasse mai.
Stessi odori, l’aria fresca che invade le narici, il ruscello che scorrendo accompagna ogni mio arrivo con la sua melodia armoniosa.
Ma soprattutto quel calore umano che ti stringe forte, quasi a soffocarti, che si dirama tra i vicoli du “Paisi”.
Tiro il freno a mano, spengo il motore e scendo dalla vettura.
Infilo la testa sotto la fontana del Pantano, la pelle si rattizza tanto l’acqua è fresca, quasi gelata.
Mi abbevero come un cammello che ha percorso chilometri nel deserto, poggio il sedere sul muretto con lo sguardo rivolto verso l’alto e contemplo estasiato il mio paese.
Ebbene si, anche se non ci sono nato mi sento parte integrante di questa comunità che mi ha visto crescere, giocare a pallone o a “tappi” con la comitiva del Girone, folleggiare le notti davanti al bar di ziu “Luigi i Mascinu” adesso di Pinuccio, amoreggiare nei miei anni migliori tra vicoli e montagne.
Le nuvole passano sopra “U Paisi” sospinte dal vento, conferendo un non so che di magico al contesto.
Ora posso riprendere la strada, Zia Micuzza è in frenetica attesa. Per la famiglia non si risparmia mai. Quando la casa è colma di gente lei è felice. La gioia degli altri è la sua missione.
Forse è per questo che mi sento sandonatese nelle viscere.
Qui trovo ciò di cui ogni uomo ha bisogno.
La gente ti saluta e ti riconosce per ciò che sei, non per quello che hai.
E’ vero, il tempo qui cammina più lento. I valori e le tradizioni sono rimaste intatte.
L’umiltà dei paesani, il sacrificio che la maggior parte di loro ha dovuto sopportare abbondando le proprie case e gli affetti per tentare fortuna altrove non ha eguali.
L’orgoglio calabrese ha permesso loro di superare gli ostacoli più impervi, l’umiltà e il legame viscerale con la proprio terra hanno rappresentato le pietre miliari su cui ricostruire una nuova vita.
Anche se lontano, non hanno mai dimenticato la loro terra.
In America o in Germania, al caldo e al freddo, ogni qualvolta hanno alzato gli occhi al cielo hanno sempre visto passare le nuvole sospinte dal vento.
Un attimo fuggente in cui, ,sotto un cielo terso e mai così azzurro, hanno chiuso gli occhi e sono tornati aru “Paisi”.

Buone vacanze 2017 a voi tutti .

Pietro

 

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6 commenti

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  1. Pietro, sei mitico!!!!!
    Il tuo racconto mi ha fatto venire i brividi.
    Solo tu potevi scrivere con tale passione.
    Ti ricordo con grande affetto …
    Spero di incontrarti quest’anno all’inaugurazione
    del bar al girone …

  2. Pietro ha scritto quello che noi tutti risentiamo ritornando al paese,dal Bivio ,alla sosta del Pantano ed il resto…sarebbe bello se ognuno di noi si sedesse sul muretto della fontana del Pantano e contemplando il paesetto ,sempre addormento allo stesso posto…scrivesse questo sentimento di ritrovo…ne uscirebbero dei bei racconti.
    Luigi

    • giovanni il 12 Luglio 2017 alle 14 h 48 min
    • Rispondi

    Vero, è il mesagio di chi ama questo territorio, nonostante non ci sia nato e nonostante il continuo abbandono. Non lo avevo ancora letto.

  3. Grande amico ti ricordo sempre con le tue melodie entravi nella mia bottega infilando prima la testa, maestro ci sei ci rimangono quelli abbracci e sorrisi immensi ti giravi intorno, meravigliato c’e’ qualcosa di nuovo ma tanti sudore su quella delle persone che li anno usati. Io parlavo tu inghiottivi quelle vecchie storie ritornelli che una carezza al cagniolino ci vediamo ara siddrata BEI TEMPI.

  4. Ciao spero di rivederti presto sei mitico

    • Giovanni Benincasa il 29 Luglio 2020 alle 13 h 56 min
    • Rispondi

    Anche se non aru paisi circa 8 anni fa sono rientrato in zona dopo quasi 50 anni di lontananza. Ebbene sì, per chi ama questa terra è un messaggio struggente. In quei 50 anni l’ho vissuto giorno dopo giorno. Tanto apprezzamento all’autore insieme a un cordiale saluto. Giovanni Benincasa

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